ARTE BIZANTINA (VI – XV secolo)
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Lo stile prende il nome da Bisanzio (attuale Istanbul in Turchia), la città che nel 330 diviene la nuova capitale dell’impero romano cambiando il nome in Costantinopoli.
L’arte è vincolata alla religione e al potere politico, perché i due elementi quasi coincidono. L’imperatore infatti è nominato per grazia divina; inoltre Cristo è rappresentato come un imperatore e l’imperatore è raffigurato come un Dio. La grandezza del personaggio è relativa alla sua importanza. Il fondo è dorato perché simbolicamente è il colore dell’eternità; i fedeli si devono sentire trasportati dalle rappresentazioni di questo mondo. Le icone erano usate dalla Chiesa ortodossa e venerate come oggetti sacri, legati spiritualmente ai soggetti che rappresentavano. Questa funzione le resa pericolosamente esposte ad accuse di idolatria. Per far fronte al problema furono imposte rigide regole. I pittori dovevano rispettare norme prestabilite perfino per l’espressione facciale e la gestualità, e non era consentita nessuna forma di originalità artistica. BASILICA DI SANTA SOFIA (Istanbul, 532 – 537). Ha un impianto centrale con un’immensa cupola che si raccorda (con semicalotte, nicchie ed esedre) agli spazi quadrangolari. I materiali usati (marmi colorati e pregiati, colonne, ornamenti) sono recuperati da alcuni templi greci. La luce filtrava dalle file di finestre aperte su più piani e soprattutto dalla corona di aperture alla base della cupola che investe lo spazio e rende “leggere” le strutture monumentali. Tutto l’interno doveva essere rivestito da mosaici a fondo dorato (oggi rimangono solo nel nartece) con soggetti geometrici e floreali. L’abbondante luce è riverberata e diffusa all’interno dai preziosi mosaici che ricoprono gli spazi, per lo più realizzati su un fondo color oro. |
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ARTE LONGOBARDA
I longobardi sono un popolazione nomade di stirpe germanica che nel 568, alla guida di re Alboino, penetrarono in Italia e conquistarono ampie zone nel Nord della penisola. Fondarono un regno e posero la capitale a Pavia.
La loro arte, come quella dei popoli barbarici in generale, è legata soprattutto alla produzione di manufatti di piccole dimensioni. Le espressioni artistiche sono quindi incentrate sull’oreficeria e testimoniano l’incontro tra tradizione germanica e quella latina. Mancando di un’autonoma tradizione architettonica, i longobardi si rifanno ai modelli e alle tecniche costruttive tardo-antiche e bizantine. Il carattere della loro arte è estremamente decorativo e introduce il repertorio ornamentale di “stile animalistico” stilizzato fino a farli diventare motivi a nastro. L’ALTARE DEL DUCA RATCHIS (744 – 749) è un parallelepipedo in pietra scolpito con un rilievo molto schiacciato su tre delle quattro facce. Nella lastra frontale è raffigurato il Cristo in trono affiancato da due cherubini; sulle laterali invece ci sono le scene della Visitazione (con la Vergine Maria e Santa Elisabetta nell’atto di abbracciarsi) e dell’Adorazione dei Magi; la lastra posteriore è decorata invece da croci e motivi geometrici. L’attenzione si concentra sull’azione, seppur bloccata in un fermo immagine, e rappresentata tutta su un unico piano. La figura umana appare deformata secondo un criterio espressionistico: per evidenziare i gesti dei protagonisti, i volti, le braccia e le mani, che assumono dimensioni maggiori del normale. Nei personaggi viene rispettato l’ordine gerarchico, sono tanto più grandi quanto maggiore è la loro dignità. Le forme sono sagome appiattite, seppur increspate in superfici da scanalature che ricordano l’andamento dei panneggi classici. Una volta era campite con colori. Le ambientazioni sono quasi nulle o stilizzate e, a rafforzare il senso di irrealtà dello spazio, sono inseriti elementi decorativi di riempimento (stelle, rosette) che occupano tutti gli spazi liberi (horror vacui). |
ARTE CAROLINGIA
Carlo Magno conquista l’Italia longobarda nel 774 e crea un grande stato che va dalla Francia alla Germania, dai Paesi Bassi all’Italia centrale.
Fonda il Sacro Romano Impero. “Sacro” perché creato in nome di Dio, “romano” perché erede della tradizione romana. Carlo Magno promuove un’arte che si ispira alla solennità dei monumenti dell’antica Roma, ma con l’eleganza di mosaici bizantini. Questa fioritura artistica e culturale sarà chiamata Rinascita carolingia. CAPPELLA PALATINA (790 – 805). La cappella palatina è il simbolo del potere di Carlo Magno, un potere basato sul concetto di sacralità dell’autorità imperiale derivata direttamente da Dio, in continuità con l’antico impero romano cristiano. “Palatina” perché era annessa al palazzo, la vita religiosa e quella politica erano strettamente connesse. La struttura ha una pianta centrale con deambulatorio, cioè ha una pianta ottagonale, a doppio involucro, determinato da otto robusti pilastri ed è coperta da una cupola a spicchi rivestita da mosaici a fondo d’oro. Il deambulatorio è su due livelli e grandi archi aperti verso lo spazio centrale. Si ispira a modelli tardoantichi e bizantini di connotazione imperiale come S. Lorenzo a Milano o S. Vitale a Ravenna. Era preceduta da uno spazioso atrio rettangolare. La struttura ha la maestosità degli edifici romani anche perché è alta 31 metri (quanto un palazzo di dieci piani). I marmi pregiati che rivestono le superfici, i mosaici sulle volte del deambulatorio e le colonnine col pulvino del secondo livello sono invece ispirati alla Basilica di San Vitale. La spazialità dell’architettura tardoantica viene rielaborata in chiave germanica, attraverso una maggiore verticalità e frammentazione dello spazio che avrà poi una forte influenza in epoca romanica. La pesantezza delle strutture portanti conferisce alla costruzione (di forme romane – classiche) un’estetica tipicamente medievale. Si introduce, inoltre, una nuova tipologia edilizia: il Westwerk, edificio sporgente che funge da ingresso, inquadrato da due torri, con una tribuna destinata a ospitare l’imperatore che si mostrava durante alcune cerimonie, come se fosse affacciato alla loggia del suo palazzo. ALTARE DI VUOLVINO (835). Conteneva un sarcofago di porfido con i corpi di S. Ambrogio, santo protettore della città di Milano e dei santi Gervasio e Protasio. Ha quattro fiancate, ed è interamente realizzato a sbalzo con materiali (oro, argento, smalti e gemme incastonate) lavorati con tecniche orafe. Un’intelaiatura geometrica in rilievo incornicia le lamine lavorate a sbalzo. Le scene affigurate sono volte a esaltare Sant’Ambrogio e il valore universale della Chiesa milanese. La parte frontale è divisa in tre grandi scomparti. Al centro della grande croce c’è raffigurato Cristo pantocratore (creatore e signore del mondo) in trono, nei quattro bracci della croce greca ci sono i simboli dei quattro evangelisti, mentre negli spazi ai quattro angoli ci sono gli apostoli in gruppi di tre. La parte retrostante, caratterizzata da maggiori solennità e gravità, è più vicina a modelli tardoantichi. Coerentemente con l’ispirazione all’antico cercata da Carlo Magno, lo stile delle immagini è influenzato dall’arte classica: i personaggi sono ben proporzionati e le posizioni sono naturali e dinamiche. Ogni elemento è inserito in uno spazio reale e riconoscibile; anche ai corpi viene conferito un volume vero. Vitalità e animazione sono gli elementi chiave delle scene, che mostrano atmosfere cariche ed espressive. C’è un acuto interesse per la caratterizzazione di personaggi e situazioni. L’insieme però, ricco e fitto di figure, è tipicamente medievale. |
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