ARTE RAVENNATE
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Alla morte di Teodosio (395) l’impero si divise in Impero romano d’Oriente sotto il potere di Arcadio e Impero romano d’Occidente, sotto Onorio. La capitale dell’Impero romano d’Occidente venne fissata a Ravenna (nel 402) perché era protetta verso l’interno dalle paludi, aveva il porto, era vicina all’oriente ed era ben collegata con la rete viaria romana.
Ravenna, una volta diventata la sede del potere politico, fu soggetta ad ampi interventi artistici. Essendo affacciata sull’Adriatico fu il centro dove si incontrarono arte romana paleocristiana e arte bizantina (cioè paleocristiana d’oriente). A Ravenna c’è un territorio paludoso che tende a sprofondare, quindi le costruzioni non possono essere fatte in pietra, ma ci vuole un materiale edilizio più leggero, come il laterizio. I mosaicisti ravennati descrivevano la realtà con elementi iconografici fissi; alberi, case, montagne, piante, perdono la loro dimensione naturale, senza rispettare le reciproche relazioni di spazio e di dimensione. MAUSOLEO DI GALLA PLACIDIA (425 – 426). Lei era la sorella dell’imperatore Onorio. La pianta è quasi a croce greca, con quattro volte a botte lungo le braccia della croce e una cupola all’incrocio di queste. La cupola all’esterno è nascosta da un vano a forma di parallelepipedo (chiamato tiburio) che protegge la cupola, razionalizza le sue forme all'esterno e contiene le spinte laterali. Colpisce la differenza tra l’esterno, in mattoni a vista e semplicemente suddiviso in essenziali partiture con arcate cieche nel muro in laterizio, e l’interno che mantiene intatta la superba decorazione musiva di vetro e marmi preziosi. La superficie interna completamente ricoperta da mosaici annienta i limiti architettonici dello spazio perché colori e decorazioni fanno dimenticare l’esistenza delle pareti che si trasformano solo in supporti per la decorazione. I mosaici sono fatti con tessere di vetro; non sono disposte tutte sullo stesso piano, alcune sono angolate in modo che la luce si rifletta e brilli in modo diverso. L’interno è dominato dal colore blu turchino, soprattutto nelle volte e nella cupola, questo crea una rarefatta sensazione notturna dove spiccano luminose le figure umane e i motivi geometrici. Le figurazioni ricoprono interamente le volte e arricchiscono illusoriamente la cupola con motivi a stelle e al centro c’è la croce dorata. Accanto a motivi geometrici ci sono raffigurazioni vegetali e animali che assumono significati simbolici. Sulla lunetta sopra la porta c’è il MOSAICO DEL BUON PASTORE. Qui la figura di Gesù è collocata, messo di tre quarti, al centro di un paesaggio naturale, circondata dalle sue pecore. La composizione è pensata come una finestra su uno spazio tridimensionale, a cui alludono i singoli oggetti inseriti in modo plausibile e con naturalezza suggerendo il succedersi dei piani in profondità (il ciò dà all’opera un “sapore” classico). Gli elementi sono studiati al meglio per riprodurre le forme naturali. E’ presente anche un senso di movimento nell’articolarsi sciolto della figura del Cristo e nelle pecore che volgono tutte la testa verso di lui. La complessiva naturalezza è superata dall’idealizzazione; tutto è armonioso e la composizione è pensata per raggiungere il massimo dell’equilibrio. All’armonia globale concorrono anche la calma e la compostezza del Cristo, la pacatezza della sua espressione, la sobrietà dei colori. Tutto ciò infonde allo spettatore un senso si serenità e sottolinea la natura divina del Cristo. BATTISTERO DEGLI ORTODOSSI (o NEONIANO, 400 – 450). E’ un edificio a pianta centrale, di forma ottagonale, con quattro lobi che corrispondono alle absidi, disposte a X. Il corpo è una torre ottagonale che ha la funzione di tiburio (cioè che racchiude la cupola visibile solo dall’interno) e copertura con tetto piramidale. Nel complesso all’esterno è molto semplice e in mattoni, l’unica decorazione è quella creata dalle finestre centinate e archetti pensili ciechi che, nella parte superiore, che si intervallano. La forma ottagonale dei battisteri bizantini ha una forte valenza simbolica. Il numero otto dei lati corrisponde, infatti, ai sette giorni della creazione del mondo e all'ottavo giorno: quello della resurrezione e della Vita eterna. E' quindi chiaramente collegato al sacramento del Battesimo. La decorazione musiva interna si articola soprattutto nella cupola emisferica con più fasce concentriche. Il tondo posto alla sommità della cupola rappresenta il BATTESIMO DI CRISTO. Cristo è al centro ed è attorniato dai 12 apostoli che indossano abiti da senatori romani e hanno pose e atteggiamenti diversificati. Gesù è rappresentato frontalmente immerso fino ai fianchi nelle acque del fiume Giordano che viene rappresentato come "in sezione". San Giovanni Battista è invece rappresentato di profilo sulla sponda del fiume mentre versa l'acqua sul capo di Cristo. Sulla perpendicolare è collocata la colomba dello Spirito Santo. Dalle acque spunta la personificazione del fiume Giordano. Il primo piano è rappresentato in modo naturalistico (rocce, anatomia delle figure, trasparenza dell’acqua), mentre lo sfondo è dorato e dà l’impressione dell’inesistenza dello spazio. Le figure sono evidenziate da una linea rossa che le contorna e che le priva del loro volume. BATTISTERO DEGLI ARIANI (495). L’edificio, interrato per circa 2,3 metri, ha pianta ottagonale e presenta quattro piccole absidi all’esterno. E’ una costruzione in laterizi e lungo il perimetro correva un deambulatorio che si interrompeva soltanto in corrispondenza dell’abside (rivolta a oriente). Al suo interno gli stucchi e gli ornamenti che sicuramente rivestivano le pareti non sono più conservati e quindi oggi si presenta spoglio, con la muratura a vista e privo di arredi. La decorazione è presente invece nella cupola, rivestita interamente di mosaici raffiguranti il corteo dei dodici apostoli e con, nella parte centrale, il BATTESIMO DEL CRISTO, rappresentato uomo giovane e nudo, immerso nell’acqua fino ai fianchi. La rappresentazione è semplice, con figure piuttosto statiche e ripetitive nella postura e nell’aspetto. Lo stile di questi mosaici è caratterizzato da una forte rigidità figurativa e da un’eccessiva preoccupazione per la simmetria. Spicca l’affermazione dominante dell’oro come modo per rappresentare immagini simboliche inondate da una luce ultraterrena. MAUSOLEO DI TEODORICO (520). E’ un possente edificio dalla struttura semplice e manifesta l’intento di presentarsi come l’ultimo erede della tradizione romana, è imponente come l’architettura di età imperiale. Ha una pianta centrale ed è coperto da una possente cupola monolitica di 11 metri di diametro. Anche la scelta di usare grandi blocchi di pietra, anomala per Ravenna, è da leggersi in coerenza al mondo romano. Ha due piani sovrapposti, entrambi a pianta decagonale. Quello inferiore ha profonde arcate cieche; quello superiore è arretrato in modo da ottenere un deambulatorio esterno e ha un coronamento circolare. Il chiaroscuro è morbido perché ritmato con archi ciechi e poco profondi. Esternamente la cupola ha dodici medaglioni (con incisi i nomi degli apostoli) che gli danno l’aspetto di una corona o di un elmo. SANT’APOLLINARE NUOVO (530). È una basilica eretta da Teodorico vicino al suo palazzo, per il culto ariano degli ostrogoti. È un edificio a pianta basilicale con tre navate preceduto solo dal nartece (non ha il quadriportico). La navata centrale termina con un’abside, questa è semicircolare all’interno e ottagonale all’esterno. Le colonne che reggono gli archi sono dotate di pulvino: capitello a tronco di piramide rovesciato che conferisce maggiore slancio all’edificio. All’interno, le pareti della navata centrale, sono ricoperte di mosaici; su quella destra c’è il mosaico continuo che rappresenta la processione delle vergini e su quella a sinistra la processione dei martiri. Entrambi i mosaici hanno caratteri propri dell’arte bizantina: ripetitività dei gesti; preziosità delle vesti; mancanza di volume (da cui deriva un appiattimento e una bidimensionalità spiccata nelle figure); frontalità; fissità degli sguardi; monocromia del piano d’appoggio (da cui sembra che le figure siano sospese e galleggianti). I protagonisti sono svuotati della loro fisicità e concretezza, come se fossero smaterializzate. I volti sono molto simili tra loro, con grandi occhi profondi e volti in contemplazione. Il senso di eternità è trasmesso anche dalla mancanza di movimento, dall’irreale fissità. Lo spazio tridimensionale della realtà fisica non ha più significato, quindi decade l’interesse per lo scalare progressivo degli oggetti in profondità. Infatti le figure sono poste su uno sfondo dorato e poggiano i piedi su un prato fiorito, simbolo del Paradiso. Tutto quindi concorre a suggerirci una dimensione ultraterrena e rarefatta. L’aspetto simbolico prevale su quello naturalistico, ma lascia ampio spazio alla decorazione affidata a elementi architettonici e vegetali e alla preziosità degli abiti. SAN VITALE (532). E’ a pianta centrale (ottagonale), preceduta un tempo da un quadriportico, adesso solo dal nartece che si dispone tangente a uno spigolo della costruzione. E’ un edificio a doppio involucro con il nucleo interno circondato da un profondo deambulatorio sovrastato dal matroneo. L’esterno è semplice, di soli mattoni, con un tiburio che nasconde la cupola emisferica, una cornice marcapiano (che segna i due livelli) e lesene che suddividono ogni lato in tre parti. Le forme sono ottenute da compenetrazioni di solidi geometrici elementari (prismi, piramidi, tronchi di cono) e maschera la complessità dell’interno. All'interno lo spazio centrale è coperto da una cupola emisferica che sembra più leggera perché sublimata dai mosaici dorati, dai capitelli, dalle tante decorazioni. Questo rievoca la smaterializzazione delle pareti presente nella cattedrale di Santa Sofia di Costantinopoli. La sapiente alternanza di spazi vuoti e pieni, di superfici piane e curve, conferisce all’edificio una straordinaria leggerezza e lo spazio sembra dilatarsi nel gioco di luci e ombre che anima le superfici. Il tipico capitello bizantino è un tronco di piramide rovesciato, lavorato finemente con bassorilievi e minuziosi motivi vegetali traforati, senza alcun accenno alla tridimensionalità. Questo elemento è sormontato da un altro tronco di piramide rovesciato decorato con soggetti simbolici. I MOSAICI DEL PRESBITERIO sono due pannelli rettangolari leggermente concavi per adattarsi alla conca absidale, raffiguranti l’imperatore Giustiniano e la consorte Teodora, accompagnati da dignitari e dame. Al centro c’è un mosaico in cui un giovane Cristo sta su un globo turchese, tra gli arcangeli, il vescovo e S. Vitale. Sono figure frontali e monumentali. Si vede lo stretto contatto con i rilievi storici romani, ma allo stesso tempo rievocano la fastosità dei cerimoniali della corte di Costantinopoli. Gli imperatori sono ritratti mentre portano all’altare le offerte il giorno di consacrazione della basilica. L’imperatore d’oriente era considerato il tramite tra Dio e il suo popolo, quindi sono rappresentati come se fossero apparizioni divine, infatti hanno le aureole e hanno posizioni dominanti (sono centrali) rispetto ai senatori, al clero e all’esercito. La tecnica rappresentativa è molto schematica. Le caratteristiche sono: la bidimensionalità, la simmetria, il preziosismo delle vesti e dei colori, la ripetitività dei gesti, la ieraticità dei due imperatori e la solennità degli altri. Tutto questo concorre a dare una sensazione di atemporalità, astrazione e indifferenza alla resa volumetrica dello spazio. Inoltre la mancanza di un piano d’appoggio verosimile e il fondo d’oro rende lo spazio indefinito e irreale. Ogni accenno a una rappresentazione allusivamente naturalistica è sacrificato al raffinato gusto decorativo, che si compiace di stendere ampie superfici di colore brillante entro linee semplificate. C’è un gusto calligrafico e decorativo per la descrizione di vesti e monili, arrivando a una smaterializzazione delle figure. SANT’APOLLINARE IN CLASSE (533 – 549). E’ una chiesa basilicale a tre navate, semplice ed essenziale sia esternamente si internamente. Lo spazio interno è ampio, nitido e si conclude nel luminoso mosaico che riveste l’abside. E’ l’ultimo ciclo di mosaici dell’arte ravennate e quindi segna l’apice del simbolismo bizantino. Al centro l’immagine di Cristo è simboleggiata da una sfavillante croce d’oro gemmata dentro a un disco azzurro cosparso di stelle. Gli apostoli sono simbolicamente raffigurati come pecore e i quattro evangelisti dai loro simboli zoomorfi. Gli elementi della natura hanno perso ogni connotazione naturalistica, essendo composti da pure forme astratte e ripetute. Sant’Apollinare, in basso, ha le braccia sollevate e si dispone in modo innaturale e appiattito. C’è una totale mancanza di spazialità e un elevato senso decorativo. Le figure, simmetricamente allineate, isolate e bidimensionali raggiungono un’idea di astrazione che sarà successivamente elaborata nelle immagini delle icone. |
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