BRUNELLESCHI (1377 - 1446)
La sconfitta in ambito scultoreo nel Concorso del 1401 può averlo portato a dedicarsi agli studi architettonici.
Dal 1401 al 1419 non abbiamo prove della sua attività, presupponiamo quindi che furono anni di meditazione, in cui l’artista fece diversi viaggi a Roma col suo amico, Donatello. Anche nel Medioevo si andava a Roma, ma lo si faceva come pellegrinaggio sacro. Brunelleschi va a Roma per turismo colto, qui studiò dal vero l’architettura classica, la misurò e la disegnò con attenzione per carpirne i segreti delle sue forme e dei suoi procedimenti tecnici. Dall’osservazione delle architetture romane desume alcune norme che guideranno poi la sua attività. Metro dell’architettura, come nell’antichità, diventerà per lui il modulo, un sistema di regole che stabilisce rapporti proporzionali tra le parti di una costruzione. Nelle sue architetture Brunelleschi intende esprimere l’ordine, l’equilibrio e la proporzione tra le parti. Per questo modella gli spazi usando forme geometriche semplici (come il quadrato e il cerchio) e tutte le misure sono multipli o sottomultipli della misura base, del modulo. Bandisce gli orpelli decorativi perché per Brunelleschi la bellezza degli edifici deve derivare dall’armonia delle proporzioni, dalle strutture architettoniche e dalla semplicità (come per i greci). Rivoluziona inoltre la figura dell’architetto: da sovrintendente ai lavori, diventa un intellettuale, il progettista dell’edificio che cura sia il complesso che i dettagli. CROCIFISSO (1410 – 1415). Brunelleschi rielabora il modello del Cristo piegato sulla Croce di Giotto. A questo modello aggiunge una leggera torsione verso sinistra che crea più punti di vista privilegiati e “genera spazio” attorno al soggetto, cioè induce lo spettatore a un percorso semicircolare attorno alla figura. L’opera è caratterizzata dall’attento studio delle proporzioni (infatti è perfettamente inscrivibile in un quadrato) con un risultato all’insegna dell’essenziale (ispirandosi all’antico) che esalta la dignità sublime e l’armonia dell’opera. L’altezza, che coincide con la larghezza delle braccia, ne fa il primo mirabile esempio di “homo ad quadratum” rinascimentale, costruito secondo i dettami vitruviani. La perfezione matematica delle forme viene considerata un eco della perfezione divina del soggetto. E’ un’immagine di assoluta naturalezza, dalla grande precisione anatomica. E’ delicato ed elegante, proporzionato e armonioso nella sua sofferenza. Presenta invece un modellato dolcissimo e il suo volto, reclinato senza stanchezza, mostra un’espressione priva di pathos. Rappresenta un uomo morto per un ideale sacro. L’opera è impostata all’insegna della compostezza e di una solenne “gravitas”. OSPEDALE DEGLI INNOCENTI (1419 – 1444). L’edificio era un orfanatrofio e gli fu commissionato dall’Arte della Seta. Brunelleschi progetta un edificio estremamente funzionale dalla pianta semplice. La struttura è chiarissima: un porticato rettilineo dà accesso a un cortile quadrato e a due edifici rettangolari grandi uguali, la chiesa e la sala del dormitorio. In un sottostante piano seminterrato c’erano le sale per la scuola e l’officina. La facciata si erge su un ripiano, quasi come sullo stilobate di un tempio antico, di nove gradini. Nove sono anche le arcate del porticato (originario), nove sono le campate coperte da volte a vela e nove sono anche le finestre timpanate che ricordano quelle del Battistero. Al vuoto ritmato delle arcate della zona inferiore corrisponde la superficie liscia del piano superiore, aperta da finestre in corrispondenza degli archi. L’intercolummio è pari all’altezza delle colonne e alla profondità del porticato, quindi le campate sono cubiche. Ciò dimostra l’idea di un modulo che, come nell’antichità, dà unità e proporzione all’edificio. Il modulo è un sistema che fissa relazioni proporzionali tra diverse parti architettoniche. Questo edificio è quindi un esempio di citazioni classiche, sia per l’uso degli elementi architettonici (archi a tutto sesto, colonne, finestre timpanate), sia per lo studio attento delle proporzioni tra le parti. Brunelleschi progettò l’edificio in perfetto collegamento alla sua ambientazione, la piazza antistante. La facciata fa da collegamento tra esterno e interno, riqualificando l’area come un foro classico. Brunelleschi recupera le forme dalla classicità, ma le interpreta perché usa la pietra serena (quindi la sua non è un’imitazione passiva) che, essendo grigia, sottolinea gli elementi principali che spiccano sull’intonaco bianco. CUPOLA DI S. MARIA DEL FIORE (1420 – 1436). Il cantiere del Duomo si era arrestato (intorno al 1369) davanti al problema dell’innalzamento della grande cupola prevista dal progetto di Arnolfo di Cambio. Negli anni a seguito della peste, si erano perse le nozioni per fare una volta così grande (circa 42 metri di diametro). Il problema era soprattutto economico, il costo dei ponteggi (che tradizionalmente sarebbero dovuti partire da terra) e delle centine (apposite strutture di sostegno degli archi e delle volte in fase di costruzione) sarebbe stato improponibile anche per una città come Firenze. L’Opera del Duomo bandì quindi un concorso pubblico nel 1418 che Brunelleschi vinse. Ideò un sistema di costruzione che portò, in un breve periodo, a innalzare una cupola a sesto acuto in mattoni, sul tamburo ottagonale, con otto costoloni e terminante con una lanterna. Brunelleschi progettò una cupola autoportante a doppia calotta, cioè una struttura da erigersi senza bisogno di centine e costituita da due calotte parallele, con un’intercapedine larga 1,2 metri transitabile fino alla lanterna (che facilitava il lavoro degli operai e il trasporto dei materiali). Il primo problema era quello del peso: un’unica cupola di 42 metri di diametro interno sarebbe stata pesantissima. Brunelleschi progetta allora due calotte leggere, una dentro l’altra, separate da un’intercapedine, ma unite da nervature nascoste. Le calotte, ottagonali come il tamburo e suddivise in vele trapezoidali, sono sorrette da uno scheletro in muratura e si comportano come strutture autonome collegate tra loro. In questo modo il peso della struttura risulta distribuito e non grava interamente sul tamburo. Il secondo problema era che i mattoni della cupola tendevano a scivolare verso il basso. Brunelleschi decise allora di disporre i mattoni della calotta interna a spina di pesce. Questa disposizione (ripresa da quella che usavano gli antichi romani nelle superfici curve) rafforzava la struttura e la rendeva più elastica. Per migliorare ulteriormente la stabilità, Brunelleschi dette alla cupola una forma allungata, a sesto acuto. In questo modo le superfici sono più verticali e quindi più stabili, rispetto a una cupola perfettamente semisferica. La forma a sesto acuto inoltre si intona meglio con lo stile gotico del resto della chiesa. Il problema dei ponteggi da terra fu risolto costruendo un’impalcatura aerea interna che saliva a partire da una piattaforma di legno poggiata sul tamburo. Inoltre si infilavano con grosse travi nella parte di cupola già costruita in alcuni fori che ancora oggi sono visibili. Questi fori diventano pure delle finestre e servivano anche per far traspirare la cupola considerato che i mattono tratterebbero l’umidità. Una funzione statica è svolta anche dalle cosiddette “tribune morte” (1439), quattro tempietti semicircolari addossati alle facce del tamburo, che si alternano alle cupolette delle tribune vere e proprie, fungendo da contrafforti esterni. Brunelleschi creò inoltre un nuovo modello di lavoro basato sulla direzione e sul controllo quotidiano del cantiere (come avviene nella moderna pratica professionale). L’architetto non si limita più al progetto teorico dell’opera, ma si affianca al capomastro, organizzando il lavoro e diventando esecutore e responsabile del progetto nella sua totalità. Infatti Brunelleschi seguì nei minimi dettagli la costruzione, controllandone i materiali e ideando macchine, carrucole e montacarichi che migliorassero i lavori. SAGRESTIA VECCHIA DI SAN LORENZO (1422 – 1428). È pensata come mausoleo per i membri della famiglia dei Medici. La sagrestia venne concepita come un ambiente autonomo, anche se in comunicazione con la chiesa. L'esterno è estremamente semplice: a forma di parallelepipedo coperto dal cono rovesciato del tiburio con tegole a squame (con la leggiadra lanterna a colonnine e cupoletta a bulbo spiraliforme), con uno zoccolo in basso e una semplice trabeazione superiore. L'architettura è impostata su valori chiari e limpidi della geometria solida. Sono due vani cubici accostati: la sagrestia è coperta da una cupola ombrelliforme a dodici spicchi che poggia su quattro pennacchi; la piccola scarsella dell’altare ripete le forme della sagrestia vera e propria, qui però ci sono delle nicchie che movimentano lo spazio. Se guardiamo il prospetto, la Sagrestia è divisibile in tre parti rettangolari di uguale altezza: la prima all'altezza dell'osservatore, che arriva fino alla cornice sotto gli archi, la seconda con gli arconi, i tondi, le finestre e i pennacchi, e la terza della cupola maggiore. Brunelleschi studia approfonditamente la commistione tra linee dritte e cerchi, applicando il modulo del cerchio inscritto nel quadrato, che si ripete nella planimetria e nell'alzato. Tutti cerchi sono tangenti tra loro o con i lati dei quadrati che scandiscono l'architettura. La tipologia è centrale e utilizza in pianta la figura del cerchio inscritto nel quadrato e in alzato la semisfera sopra un cubo. Le pareti della sagrestia e della scarsella sono scandite da paraste corinzie, in pietra serena, come anche gli archi e le finestre, così da sottolineare le forme geometriche dell’edificio, trasformando in proiezioni piane le forme dei solidi che compongono l’edificio. La cupola è suddivisa in spicchi e terminante con un anello; si raccorda all’ambiente della sagrestia con quattro pennacchi, i grandi triangoli sferici che permettono il passaggio dal cerchio della cupola al quadrato del vano centrale. La struttura architettonica è sottolineata da membrature grigie in pietra serena che mettono in evidenza la chiarezza geometrica delle forme e la misura degli spazi. SANTO SPIRITO (1444). La pianta è a croce latina, ma presenta una ricca articolazione dello spazio (dilatato e di ampio respiro) che ripropone la monumentalità degli edifici classici. Brunelleschi riesce a combinare lo schema longitudinale con quello centrale infatti i bracci del transetto hanno le stesse misure dell’abside rettangolare, al loro incrocio c’è una grande cupola, inoltre le navate minori e le cappelle a nicchia girano tutt’intorno al perimetro della chiesa (compresi transetto e abside) senza interruzioni. Inoltre esiste un reale rapporto proporzionale tra le campate della navata centrale (con altezza doppia della larghezza), navate minori e cappelle. Le colone assumono un ruolo importante, diventano protagoniste della costruzione e sono concepite come elementi plastici, perni di assi prospettici ed elementi regolatori e distributori della luce. Hanno inoltre pulvino e dado che ammortizzano le spinte proveniente dagli archi e aumentano lo slancio della navata, spostando l’imposta più in alto. Le navate laterali sono coperte da cupole a vela sostenute dalle colonne centrali e verso la parete esterna da lesene e semicolonne. La copertura centrale, a soffitto piano, contribuisce a unificare lo spazio che si interrompe solo in corrispondenza della cupola emisferica. La particolare illuminazione crea dei forti contrasti, movimenta e rende suggestivo lo spazio. La luce infatti invade la navata centrale, mentre le navate alterali sono immerse in una crescente penombra. All’interno si ha quindi un’impressione di generale armonia e unitarietà spaziale. Questo proprio perché la costruzione è concepita in base a rapporti semplici e chiari, a misure e corrispondenze proporzionali dell’insieme e delle parti secondo un ordine sereno ed equilibrato. L’esterno, oggi chiuso da un muro rettilineo perimetrale, nel progetto di Brunelleschi doveva essere ritmato dagli estradossi delle nicchie-cappelle, riflettendo il movimento dell’interno. |
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