DONATELLO (1386 - 1466)
Fondamentali, nella sua formazione, sono l’amicizia con Brunelleschi, l’attività svolta nella bottega del Ghiberti (da cui impara l’arte della fusione del bronzo) e l’amicizia con Nanni di Banco (con cui condivide l’idea di un rinnovamento della scultura fiorentina).
Con Brunelleschi fece vari soggiorni a Roma dove studiò dal vero la scultura classica, la misurò e la disegnò con attenzione per carpirne i segreti. Ma non si limitò a far rivivere il naturalismo della classicità. Sfidando le mode e il gusto dell’epoca, sperimentando i materiali, le tecniche, i generi, reinventò l’idea stessa di scultura. Donatello introduce, nella dura materia della scultura, la dimensione psicologica e la indaga per il resto della vita nelle forme più diverse: dalla tenerezza alla crudeltà, dalla gioia al dolore. Vasari, nelle Vite, lo descrive come il primo a sapersi riallacciare alla tradizione scultorea greco-romana e il primo a superarla infondendo, ai suoi personaggi, un’umanità e un’introspezione psicologica nuove e uniche. CROCIFISSO (1406 – 1408). La scultura presenta caratteri gotici evidenti, come l’andamento sinuoso del perizoma e l’eccessivo allungamento delle membra; è costruito secondo un asse centrale, come se la figura fosse eretta, e richiede un punto di vista frontale. Allo stesso tempo, tuttavia, il suo naturalismo è senza precedenti, soprattutto nel volto, rappresentato nel momento dell’agonia con gli occhi socchiusi e la bocca semiaperta. È chiaro che Donatello si concentrò sulla sofferenza e l’umanità del Cristo, assecondando il gusto dei committenti francescani. Si nota, chiaramente, il tentativo di descrivere con realismo l’agonia di Cristo. Le braccia forti e muscolose avvertono la tensione della posizione del corpo. Le gambe forti si tendono in avanti. Nell’insieme il corpo non possiede una linearità idealizzata e elegante come nello stile tardo gotico del quale fu esponente Ghiberti. Pare, piuttosto, che non siano rispettate nemmeno le proporzioni classiche. La testa, infatti, risulta leggermente sovradimensionata. È volutamente sgraziato e disarmonico nelle forme e sottolinea la natura umana del Cristo. È colto in un momento di agonia, con il volto teso e contratto. La testa è reclinata, i lineamenti sono deformati dallo strazio, la bocca è semiaperta e le palpebre si stanno abbassando su uno sguardo già vitreo. Evidenzia la natura umana del Cristo, puntando su una raffigurazione di intenso patetismo. Il Cristo di Donatello è un uomo reale che ha urlato e spasimato, ha le ciocche di capelli sulla fronte intrise di sudore e sangue, gli occhi semichiusi nel culmine dello strazio, le labbra aperte nell’ultimo sospiro. SAN GIORGIO (1417). L’eroe, secondo la leggenda, salva una principessa uccidendo il drago che la minaccia. Fu commissionato dall’Arte degli Spadai e Corrazzai per una nicchia di Orsanmichele (un’edicola gotica), quindi è pensato per essere visto unicamente da davanti. È un santo “moderno” perché sembra un guerriero. La figura è ben piantata sulle gambe e solo apparentemente bloccata in una posizione statica. Il santo è colto nel momento in cui si prepara ad affrontare il drago e quindi è percorso da un’energia trattenuta a fatica e una tensione psicologica concentrata nel volto intenso. Il mantello che da un braccio va al piede opposto rivela una rotazione tipica dello spazio in cui è, una nicchia. Quindi è svincolato dall’idea di statua-colonna medievale. C’è un gioco armonico di raccordi tra le linee: il contorno dello scudo e del mantello; il braccio destro che cade verticale come lo scudo. Alla sua fermezza fisica fa riscontro una fermezza morale espressa dal volto sereno e consapevole. Il combattimento avviene nel rilievo alla base della statua, sulla “PREDELLA”. Donatello lo realizza con la “tecnica dello stiacciato”, un rilievo bassissimo che permette di applicare alla scultura mezzi “pittorici” e che ci illude di una profondità reale e tridimensionale perché sfrutta le regole prospettiche. La tecnica dello schiacciato permette di creare diversi piani di profondità anche nel bassorilievo, nel quale tradizionalmente ci sono solo le figure in primo piano e lo sfondo piatto. Donatello riesce a dissolvere la barriera invalicabile dello sfondo e a far volare lo sguardo dello spettatore oltre il santo a cavallo che infilza il drago, oltre al timorosa principessa che prega a mani giunte, oltre lo scorcio delle arcate sulla destra fino alla pianura alberata e ai crinali delle colline e alle nuvole in cielo, graffite lievemente sul marmo. Con questa tecnica le figure in primo piano sono in rilievo, quelle in secondo piano appaiono schiacciate, mentre quelle sullo sfondo sono soltanto incise. Costruisce la scena secondo le regole della prospettiva centrale, scorciando l’edificio di destra e la grotta sulla sinistra. Il passaggio dal bassorilievo dei personaggi allo stiacciato degli sfondi non ubbidisce solo alle regole della prospettiva geometrica, ma crea anche dei suggestivi effetti chiaroscurali. BANCHETTO DI ERODE (Battistero di Siena, 1425 – 1427). Fa parte di una serie di sei pannelli, eseguiti da artisti diversi, per la fonte battesimale del Battistero di Siena. Nel rilievo si racconta il momento in cui Erode riceve la testa di S. Giovanni Battista, del quale aveva ordinato la decapitazione su richiesta di Salomè (come premio per aver danzato per lui). Il rilievo è realizzato con la tecnica dello schiacciato e quindi Donatello riesce a rappresentare un’immagine in prospettiva. Grazie alla sua capacità di graduare gli spessori delle figure, da un quasi tutto tondo fino a un rilievo “stiacciato”, Donatello dispiega la narrazione su quattro piani diversi. Gli spessori delle figure sono consistenti solo nel primo piano, dove vediamo Salomè che interrompe la sua danza con la fronte corrugata mentre un soldato presenta a Erode la testa del Battista. Nel secondo piano, dietro al tavolo, Erodiade si sporge verso il re e con la mano aperta sembra offrirgli il macabro dono, mentre Erode e gli altri commensali si ritirano, orripilati e inorriditi coprendosi gli occhi per la macabra visione. Dietro di loro si apre una parete aperta da archi con musici che hanno suonato per la danza di Salomè e rallegrano il banchetto. Poi, ancora oltre vediamo un’altra parete con archi dietro la quale si intravede la prigione dove la testa è stata appena mozzata. La tecnica dello schiacciato permette di raccontare tre momenti di una storia su tre piani diversi, ma in un unico riquadro, sfruttando la prospettiva. Il geometrico succedersi di archi dello sfondo, grazie all’uso graduale dello stiacciato, dà quindi ulteriore rilievo alla scena, definisce il palazzo e disegna un gioco intenso di luci e ombre. Le figure in primo piano gesticolano animatamente e hanno i lineamenti del volto contratti; i gesti nervosi sono sottolineati dai panneggi taglienti. In primo piano il servo inginocchiato offre a Erode la testa del Battista, il re si ritrae disgustato da questa vista e anche gli altri commensali si ritraggono agghiacciati dall’esecuzione crudele, in modo da creare un vuoto al centro della composizione. Questo artificio, unito al pavimento in prospettiva, crea un forte senso di profondità e realismo. La rigorosa intelaiatura del pavimento e delle arcate accentua, per contrasto, la tensione drammatica della scena. Il racconto quindi assume aspetti di drammatico realismo ed è un atto di accusa contro la superficialità umana. CANTORIA (1433 – 1438). Il tema della rappresentazione è quello della lode a Dio da parte di angeli che cantano, suonano e danzano. Donatello divide la superficie orizzontalmente, nella parte inferiore ci sono cinque mensole aggettanti e in quella superiore un fregio continuo di angioletti danzanti tra foglie e fiori, ispirati ai sarcofagi antichi. Quindi Donatello concepisce un antico portico architravato, con colonne libere, dentro al quale pone la scena figurata, come in un fregio classico. La visibilità della scena è ostacolata dalle colonnette a tutto tondo della struttura architettonica. Comunque vediamo in allegro e festoso gioco di fanciulli che si rincorrono e danzano con straordinaria libertà e spigliatezza. I putti discendono chiaramente da quelli classici: sembrano più genietti pagani che angeli e sono colti nei velocissimi girotondi, in una confusione di gambe e braccia che riempie tutto lo spazio. Il movimento non si svolge in una sola direzione perché le figure davanti si muovono verso destra mentre quelle dietro corrono nella direzione opposta, creando un effetto di moto continuo. Ciò che emerge dal convulso agitarsi dei personaggi è una quasi ossessiva voglia di movimento che è resa ancora più credibili grazie all’artificio tecnico di lasciare alcune figure appena abbozzate, in modo che da lontano sembrino sfuocate e “mosse”, quasi stessere veramente danzando. DAVID (1443). E’ la prima grande scultura in bronzo dal mondo antico. Quindi Donatello riscopre l’antichità non solo dal punto di vista estetico, ma anche a livello tecnico (la tecnica della fusione a cera persa). Il David rappresenta il tema della libertà, caro ai fiorentini. La razionalità dell’intelletto trionfa sulla forza bruta del gigante nello stesso modo in cui la virtù e l’intelligenza devono trionfare sulla violenza e l’irrazionalità. L’eroe viene rappresentato in una posizione a chiasmo, con una lunga spada nella mano destra e la testa del nemico sotto al pied sinistro. Il corpo crea una linea a forma di s che rende elegante ma innaturale la posizione del giovane. Donatello conferisce al David un’espressione di naturale pensosità che contrasta con l’innaturale postura del corpo. Perché il suo volto sereno esprime la superiorità di chi riesce a vincere la forza bruta del nemico con la ragione. Infatti molto raffinata è l’attenzione di Donatello per la resa psicologica e il realismo della rappresentazione. La statua più che rinviare al personaggio della Bibbia ha la posa e l’atteggiamento spavaldo di un ragazzaccio che ha appena compiuto una prepotenza. Il volto pensoso, parzialmente nascosto e ombreggiato dalla falda del cappello, aggiunge una nota di gravità all’aspetto adolescenziale e accenna un’espressione tra il soddisfatto e il malinconico. Nell’insieme risulta tutto molto naturale e spontaneo. La statua del David fu progettata da Donatello con particolare attenzione alla resa naturale della muscolatura. Inoltre l’artista modellò il fisico del giovane con una postura adatta a valorizzare esteticamente il corpo adolescente. Il modellato morbido permette infatti di apprezzare gli effetti della luce che scivola sui rilievi appena accennati. La luce infatti modella le masse e scivola dolcemente sulle membra dell’adolescente verso il basso, mentre si addensa ai suoi piedi, sulla testa di Golia, dove crea ombre profonde. Nel 1443 Donatello si trasferisce a Padova e vi rimane un decennio. GATTAMELATA (1447 – 1453). E’ un monumento equestre bronzeo su un alto basamento in marmo e chiaramente si ispira alla statuaria romana. E’ in onore al comandante dell’esercito della Repubblica Veneziana Erasmo da Narni. E’ il primo monumento rinascimentale concentrato sulla virtù di un uomo d’azione; nessun soldato aveva mai ricevuto prima la dedica di un grandioso e prezioso monumento equestre in bronzo, scelta dedicata unicamente a imperatori romani o ad alcuni principi e signori. L’opera è un omaggio alla statua di Marco Aurelio a Roma e ai quattro cavalli troneggianti sulla facciata della Basilica di S. Marco a Venezia. Tutta moderna è invece la caratterizzazione psicologica, grintosa e spavalda, del condottiero. E’ un ritratto naturale e psicologicamente profondo. Donatello raggiunge un equilibrio tra realismo fisionomico e idealizzazione psicologica. Il cavallo è estremamente vero e credibile, ha una zampa alzata per simboleggiare che il condottiero è morto in battaglia. La figura massiccia ed elegante dell’animale è fremente e tesa nonostante il movimento trattenuto e suggerisce un andamento lento e solenne. I tratti del volto sono severi, la fronte stempiata, lo sguardo risoluto (che sprigiona energia vitale), tipico di un condottiero. L’uomo domina l’animale con calma e sovranità, senza fatica apparente, come testimonia la mano leggera che non ha bisogno di tirare le redini. Il volto concentrato esprime la determinazione di chi affronta la battaglia con intelligenza. Lo sguardo trasmette la determinazione, la potenza, la forza di volontà, l’integrità morale dell’uomo. La figura del Gattamelata è fiera e sicura e ha in mano il bastone del comando. Il bastone e la spada nel fodero sono obliqui e fanno da contrappunto alle linee orizzontali e verticali del cavallo e dell’uomo, accentuando il movimento in avanti. Nell’insieme c’è un forte senso di idealizzazione, ma il volto sereno del Gattamelata, com’è tipico di Donatello, ha un’espressione realistica che restituisce umanità al personaggio. ALTARE DI SANT’ANTONIO (1446 – 1450). L’aspetto originale doveva ricordare una Sacra Conversazione tridimensionale. Le statue della Madonna e dei santi erano collocate sotto un baldacchino, sul cui basamento ci sono vari rilievi eseguiti anch’essi da Donatello. Il fulcro della composizione è la statua della Vergine, ieratica e bizantina, che mostra il bambino ai fedeli mentre sembra si stia per alzare. Il modellato della statua è curatissimo nei dettagli. Le superficie sono “tormentate” dalle fitte pieghe della veste che seguono direzioni diverse, ora sinuose e ondeggianti, ora raggiate. Alla ritualità e staticità della Madonna, si contrappongono le statue dei santi, caratterizzate da gesti di estrema naturalezza. I volti dei personaggi colpiscono per il modellato audace, le fisionomie sono rese con immediatezza e pochi essenziali dettagli, mentre le strutture e le forme d’insieme sono solide e ben salde. Al ritorno a Firenze, Donatello si trovò isolato. In città la cultura artistica si era evoluta verso forme più pacate e verso un raffinato gusto decorativo. Le sue opere tarde stridono quindi fortemente con questo contesto, mentre Donatello inasprisce ulteriormente il lato “espressionista”. Ormai ha una nuova concezione artistica che va oltre agli stessi ideali rinascimentali. MADDALENA (1455). E’ una statua lignea. E’ una figura impressionante e macerata da digiuni e penitenze. Abolisce quindi ogni riferimento classico e si concentra sulla profonda indagine psicologica. La donna infatti ci appare non solo consumata dal fisico, ma anche dilaniata nell’animo. Il volto è ossuto e sofferente, le mani hanno le dita nodose, il corpo è mortificato da un’informe cascata di capelli, i piedi scheletrici sono modellati sul terreno come delle vecchie radici. Tutto esprime la grandezza interiore del personaggio, rinato dopo il periodo di eremitaggio e pentimento. La chioma lunga (un tempo simbolo della sua bellezza) è trasformata in un vello da eremita (simbolo del suo pentimento). Il corpo non ha più importanza, è l’anima che sta librando. L’opera manifesta una forte tensione interiore e vuole essere l’incarnazione della penitenza, del dolore, dell’anima che si spoglia davanti a Dio. |
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