HAPPENING
Dalla fine degli anni ’50, alcuni artisti iniziano a identificare l’arte con il puro processo creativo. Quindi l’attenzione si sposta sull’avvenimento, sull’esperienza artistica, sul comportamento di artista e pubblico. Il termine Happening viene coniato da Allan Kaprow per definire una forma espressiva da lui stesso creata ed adottata nell'esecuzione di un'opera. L’arte figurativa si apre al teatro, alla danza e alla musica. L’happening (=accadimento) è una forma artistica, una performance, in cui molto spazio viene lasciato al caso e all’improvvisazione. All’interno di questo “evento”, la partecipazione attiva del pubblico ha un ruolo fondamentale; la distinzione tra pubblico e artista si perde, essendo tutti chiamati a interagire. E' evidente la forte componente concettuale di un progetto creato dalla mente dell'artista, poi allargato al pubblico fino ad un coinvolgimento totale, attivo e diretto, nel quale la dicotomia artista-fruitore si annulla e lo spettatore diventa egli stesso parte dell'opera, che non avrebbe senso in mancanza della sua presenza: l'interprete, sia esso attore o spettatore, ha lo stesso peso degli oggetti di scena, mentre l'artista, anch'esso parte integrante della scena, dirige lo svolgimento della rappresentazione, in una forma d'arte puramente comportamentale, che elimina ogni componente oggettuale. Si assiste così alla completa smaterializzazione del concetto di arte, non più 'cosa' ma 'evento' e 'azione', per di più esercitata in spazi non convenzionali, spesso nel tessuto urbano, entro i quali l'Happening irrompe con i caratteri dell'improvvisazione articolandosi su un canovaccio indicativo che lascia larghi margini di arbitrarietà. L’evento artistico cioè ha un “copione” e un’ “ambientazione”, ma si trasforma nello svolgersi. Ha una componente d’improvvisazione, anche collettiva, che la performance invece non ha (essendo più vicina alla pianificazione registica e drammaturgica). Il fatto che l'Happening abbia una durata e si svolga comunque nel tempo, introduce un nuovo elemento come parte integrante ed importante dell'opera, che alla fine della rappresentazione resterà nella memoria o nella documentazione come tempo vissuto. |
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FLUXUS
Si manifesta agli inizi degli anni ’60, i primi eventi furono organizzati in Germania e a New York. Poi si estese velocemente in tutta Europa e nel resto del mondo. Il movimento nasce da un’idea del lituano-americano George Maciunas che lo concepì come un tentativo di fondere le istanze rinnovatrici culturali, sociali e politiche del tempo in un unico fronte di azione. Si collega agli happening (che erano stati i primi tentativi di fusione tra le diverse forme espressive), alla musica sperimentale di John Cage e al Dadaismo. Maciunas fu il primo a coniare il termine “fluxus”, inteso come fluire-scorrere. Secondo questi artisti tutto deve scorrere, fluire, in un fenomeno in continuo mutamento, senza forma né luogo preciso. Il progetto mira a fondere tutte le arti e porta avanti l’idea di arte come “evento”. Fluxus teorizza un modo di fare arte che è un fluire ininterrotto di situazioni, percezioni, molteplici esperienze estetiche e sperimentali. Gli eventi sono interdisciplinari e possono contenere e inglobare, al loro interno, svariate correnti artistiche (musica sperimentale, Nouveau Realisme, Video arte, Arte povera, Minimalismo, Arte concettuale). Fluxus promuove l’idea di un’arte ibrida e in un certo senso indeterminata, alla ricerca di strumenti nuovi che la relazionino con la vita e ne permettano una più ampia comprensione. L’arte esprime la casualità e quotidianità delle cose anche attraverso un punto di vista ludico; abbandonando i valori estetici e concentrandosi su humour e non-sense. Fluxus esprime anche la progressiva de materializzazione dell’arte che ormai trova la sua essenza nell’accadere e nel divenire e si trasforma da oggetto a evento. Gli artisti prevedevano azioni senza sapere a quale risultato avrebbero eventualmente portato, dando così molta più importanza al processo di creazione che al prodotto finale. Fluxus non è un movimento né un gruppo unificato, ne ha mai avuto un manifesto programmatico. E’ invece un’attitudine, un modo di lavorare e di concepire l’arte e la vita, un atteggiamento, un’idea. Al suo interno, gli artisti hanno portato avanti le loro personali sperimentazioni Si vogliono abolire i confini residui tra le varie discipline artistiche, tra artista e pubblico, tra arte e vita. John Cage diceva “L’arte è in procinto di diventare se stessa: vita”. L’arte deve essere divertente, occuparsi di tutto ed essere accessibile a tutti (per Maciunas, tutti possono fare arte). L’arte perde quindi l’aureola di sacralità e diviene ironia, invenzione e gioco. Si ha quindi un’arte semplice, aperta alla casualità e all’improvvisazione; non intenzionale, nella quale non emerge una vera e propria figura carismatica. 4,33 (di John Cage, 1952). Il musicista si siede al pianoforte e per 4 minuti e 33 secondi l’artista “suona” il silenzio, lo fa rimanendo concentrato come i musicisti classici prima delle esecuzioni. Lui non suona lo strumento, ma piuttosto il mondo esterno dei suoni (aleatorio e casuale) entra dentro di lui e dentro il suo mondo. Secondo Cage, 4'33” non è per nulla un'opera silenziosa, in quanto il vero centro di attenzione dovrebbero essere i rumori casuali che si sentono durante il silenzio dei musicisti, al pari di quelli dati dal rumore di fondo della metropoli o della natura, dalla caduta di un oggetto, dal ronzio di un insetto o dal respirare degli spettatori. Facendo così Cage fa scomparire qualsiasi nozione di intenzionalità soggettiva dal suo metodo di lavoro e di “stabilità” dell’opera. Scompare anche la distinzione tra momento performativo e compositivo, tra il ruolo dell’autore e quello dell’esecutore, tra il pubblico e il compositore. |
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