LA FIRENZE DI LORENZO IL MAGNIFICO
Lorenzo il Magnifico collezionò oggetti antichi, studiò il pensiero dei classici e la filosofia. I letterati e gli artisti ammessi nella sua ristretta cerchia, parteciparono intensamente agli ideali del Neoplatonismo.
I capisaldi del pensiero neoplatonico sono:
- la realtà è distinta in gradi, al grado più alto c’è Dio e a quello più basso il corpo (la materia), l’anima occupa una posizione intermedia;
- l’uomo, unione di corpo e anima, è padrone del proprio destino, quindi può scegliere se elevarsi a Dio o scendere verso la materialità;
- il Cristianesimo e la filosofia platonica vengono fuse insieme.
La cultura medicea subì un duro colpo alla morte di Lorenzo il Magnifico, quando Firenze attraverso una difficile crisi politica e religiosa.
Nel 1494 venne instaurata una Repubblica guidata dal frate domenicano Girolamo Savonarola. Il Savonarola volle riformare la religiosità e i costumi, condannò la filosofia neoplatonica e qualsiasi collezionismo di arte profana.
I capisaldi del pensiero neoplatonico sono:
- la realtà è distinta in gradi, al grado più alto c’è Dio e a quello più basso il corpo (la materia), l’anima occupa una posizione intermedia;
- l’uomo, unione di corpo e anima, è padrone del proprio destino, quindi può scegliere se elevarsi a Dio o scendere verso la materialità;
- il Cristianesimo e la filosofia platonica vengono fuse insieme.
La cultura medicea subì un duro colpo alla morte di Lorenzo il Magnifico, quando Firenze attraverso una difficile crisi politica e religiosa.
Nel 1494 venne instaurata una Repubblica guidata dal frate domenicano Girolamo Savonarola. Il Savonarola volle riformare la religiosità e i costumi, condannò la filosofia neoplatonica e qualsiasi collezionismo di arte profana.
VERROCCHIO (1435 - 1488)
Fonda una bottega che diventerà una delle più rinomate della città. In essa vengono trattate con pari dignità arte e artigianato. Da questa bottega usciranno Botticelli, il Perugino e Leonardo da Vinci.
INCREDULITA’ DI SAN TOMMASO (1466 – 1486). Gesù è in piedi sulla destra, alza il braccio e apre la mano verso l’alto mentre con la mano sinistra scosta l’abito per mostrare la ferita al costato. L’apostolo Tommaso invece si trova a sinistra ed è rivolto verso Gesù, la sua mano, in basso, regge un lembo del mantello l’altra, invece, si proietta in avanti per toccare la ferita al costato di Cristo. L’apostolo ha un aspetto giovane e lunghi capelli mossi che cadono sulla schiena, Cristo invece ha un aspetto più maturo. Con un’innovativa idea compositiva, colloca la figura di San Tommaso fuori dallo spazio della nicchia di Orsanmichele, conferendo movimento al gruppo bronzeo (altrimenti vincolato a una visione strettamente frontale). Questo espediente permette di coinvolgere lo spettatore nella rappresentazione dell’episodio. Innovativa è l'idea di rappresentare le figure sacre come in dialogo fra loro in una simulazione teatrale. Le due figure sono ricoperte da ampi e virtuosistici panneggi che, pur rigonfi di pieghe, non nascondono l’anatomia dei due corpi. I volti dei due personaggi sono incorniciati dalla massa fluente dei capelli. Si rileva una precoce sensibilità per la resa psicologica. |
SANDRO BOTTICELLI (1455 - 1510)
Botticelli fu l'artista maggiormente legato al sogno di armonia della cerchia medicea che inserì nelle proprie opere creando immagini di grande raffinatezza formale.
Riprende temi mitologici però li cala nella modernità, con un intento moraleggiante. Questo può avvenire perché la sua è una pittura destinata a un pubblico colto e intellettuale. Le principali caratteristiche del suo stile sono l’uso ritmico della linea e il sapiente accostamento di colori delicati. Ciò che conta per Botticelli è il disegno e quindi la linea di contorno: una linea flessuosa, agile, leggiadra, elegante, che circonda morbidamente il soggetto e lo stacca dal fondo. Questo crea quadri aggraziati, leggiadri ed eterei, popolati da personaggi con sguardi dolci, trasparenze e pose armoniose. A differenza degli altri artisti del Rinascimento, Botticelli usa di rado la prospettiva. I suoi personaggi non hanno una forte tridimensionalità: appaiono leggeri, quasi sospesi, perché il loro chiaroscuro è lieve; una linea di contorno circonda le figure facendole apparire ancora più bidimensionali. GIUDITTA (1472). Botticelli rappresenta Giuditta nel momento in cui, ormai ucciso Oloferne, torna a Betulia nell’aria chiara del mattino. Giuditta ha la spada in una mano (strumento di morte) e un ramo d’ulivo nell’altra (simbolo di pace per il suo popolo). Il viso della donna tradisce una forte emozione, sembra infatti triste come se ricordasse la macabra scena precedente. Anche la nutrice che segue Giuditta sembra cauta mentre regge la cesta con la testa di Oloferne e cerca inutilmente lo sguardo di Giuditta. Giuditta invece, come inebetita in un paesaggio freddo e distante, evita anche lo spettatore. I suoi occhi fissano un punto lontano, inesistente e lei, pallida e smarrita, sembra non provare piacere per i vestiti, i veli e le gioie che dovrebbero rallegrarla, neppure per la morte del tiranno. L’ADORAZIONE DEI MAGI (1475). La disposizione delle figure è totalmente innovativa perché la scena sacra viene trasformata in un'esaltazione dei signori di Firenze. Tradizionalmente si rappresentava questa scena come una sorta di corteo, con tutti i personaggi disposti in fila visti lateralmente. Botticelli invece mette al centro la capanna con la Sacra Famiglia e gli altri personaggi ai lati della scena visti frontalmente La capanna si trova in un punto rialzato su una roccia, con una parte distrutta e che si richiama anche agli edifici nelle vicinanze. Questa è perfettamente centrale e definita secondo una rigorosa applicazione della prospettiva. Gesù, Maria, e Giuseppe formano una specie di triangolo, che prosegue verso la luce divina verso l’alto, portando lo spettatore a seguire con lo sguardo questo moto ascensionale. I tre Magi simboleggiano le tre età dell’uomo: gioventù, età matura e vecchiaia. Nei volti dei Magi e del loro seguito, Botticelli ritrae membri della famiglia Medici in omaggio a Lorenzo il Magnifico. I personaggi del seguito scalano ai lati seguendo una prospettiva vertiginosa che si apre verso di noi osservatori, includendoci nell'adorazione. I contrasti di luminosità mettono in evidenza gli abiti e i volti dei personaggi contro lo scuro delle ombre della struttura che protegge la Sacra Famiglia. Inoltre il cielo molto chiaro crea un forte contrasto con il primo piano. I due gruppi di figure, collocati lateralmente a cuneo, creano uno straordinario effetto di illusionismo ottico che guida il nostro sguardo verso il centro. Stilisticamente l’opera mostra già tutte le caratteristiche che costituiranno poi un tratto distintivo nella produzione di Botticelli: l’espressione malinconica di tutti i protagonisti, l’atmosfera irreale, quasi fiabesca e infine la gamma di colori utilizzata che tende all’oro richiamandosi alla luce del crepuscolo. LA PRIMAVERA (1478). Botticelli immagina un paesaggio incantato popolato di personaggi della mitologia greca e romana. Infatti, su un prato fiorito con un boschetto di aranci sullo sfondo, vediamo muoversi leggiadri alcuni personaggi mitologici disposti intorno a un’enigmatica figura femminile, individuabile come Venere. L’interpretazione dell’opera, diretta a una ristretta cerchia di intellettuali, risulta in realtà ancora molto incerta. La sua comprensione è strettamente legata alla filosofia neoplatonica formulata da Marsilio Ficino e promossa alla corte di Lorenzo de’ Medici. Altre possibili fonti letterarie potrebbero essere le Stanze di Poliziano o alcuni testi latini classici di Lucrezio, Ovidio e Orazio, diffusi all’epoca. Otto figure sono disposte in un giardino con alberi in frutto e un prato fiorito, che potrebbe essere quello delle Esperidi (giardino degli dei). A destra c’è il dio del vento Zefiro (che allude all’arrivo della Primavera) che cerca di catturare la bella ninfa Clori. Questa, avendo accettato di sposarlo, come dono di nozze, viene fecondata e trasformata nella dea Flora, dea della Primavera, raffigurata mentre prende i fiori dal grembo e li sparge sul prato. Al centro c’è Venere, dea della bellezza e, sulla sua testa, il dio dell’amore Cupido mentre scocca una freccia in direzione delle tre Grazie danzanti. Queste, figlie di Zeus e portatrici di gioia e bellezza, danzano intorno con gesti eleganti. A sinistra è raffigurato Mercurio, messaggero degli dei, che col caduceo scaccia le nubi che potrebbero minacciare la perfezione di questo giardino ideale. Il quadro si può leggere come un’allegoria filosofica dell’amore: Clori, Zefiro e la Primavera simboleggerebbero l’amore sensuale, che dà vita; Venere sarebbe l’amore platonico. Quindi in questa possibile lettura l'amore, nei suoi diversi gradi, dovrebbe condurre l'uomo a svincolarsi dal mondo terreno per condurlo a quello spirituale. La composizione, simbolo di un mondo trascendente, non segue le regole prospettiche. Botticelli non è interessato al realismo di figure e ambiente. I personaggi sono tutti in primo piano e manca la prospettiva. Non ci sono cioè molto accenni alla profondità, le figure si staccano dallo sfondo perché sono chiare e contrastano con lo scuro di fondo. I corpi non hanno peso, i personaggi sembrano sospesi sul prato. L’illusione prospettica è ridotta all’essenziale e il paesaggio è praticamente inesistente. I personaggi (soli o in gruppi) non sembrano collegati dallo svolgersi di un'azione, ma quasi da un sinuoso andamento a onda che trova l'equilibrio nella figura di Venere al centro. Il disegno è impeccabile. I volumi sono solo accennati dal leggerissimo chiaroscuro, ma sono resi principalmente dalle linee di contorno. C’è un aspetto dolcemente malinconico nei volti femminili, come a rappresentare la nostalgia di un mondo di perfezione che l’anima cerca di raggiungere. Inoltre la linea sinuosa ed elegante descrive una bellezza ideale che appartiene totalmente al mondo delle idee. Ne deriva un'immagine rarefatta ed elegante che rappresenta un mondo incantato senza tempo. ATENA E IL CENTAURO (1482). Atena è dipinta con una veste ornata con l’emblema personale di Lorenzo il Magnifico: tre anelli a punta di diamante, intrecciati a ghirlanda. Anche la corona di alloro che ha tra i capelli allude al nome di Lorenzo dei Medici. Nel quadro Atena gioca con i capelli del centauro. Lui, non abituato a tanta gentilezza, sembra opporsi impacciato e ritroso, goffo, ma già calmato. Il centauro, creatura mitologica dove l’uomo si fonde con la bestia, simboleggia gli istinti ferini dell’umanità, pertanto l’opera è da intendersi come un’allegoria della virtù che frena il temperamento sanguigno e passionale. Botticelli utilizzò una sottile linea di contorno per rafforzare le forme delle figure dei due personaggi. Il contorno inoltre crea un elegante linearismo tipico dei personaggi dell’artista. Il modellato è delicato e la muscolatura del Centauro rappresentata con rilevanze poco contrastate, ma che esprimono molta plasticità e forza. Il paesaggio è rappresentato in modo dettagliato già a partire dal primo piano. Sulla sinistra è dipinta in dettaglio una rupe frastagliata che parte dal basso e prosegue oltre il bordo del dipinto. Sul fondo si apre un paesaggio lacustre. Sul lago infine si intravede una imbarcazione e sulle sponde a destra della vegetazione. Il colore è brillante e terso, come in molte opere di Botticelli. Dal contrasto tra i toni scuri del primo piano e i toni freddi e cristallini del paesaggio emerge infatti un’atmosfera sospesa e antica. In primo piano il terreno, il corpo animale del Centauro e il manto di Atena creano ampie zone scure che mettono in forte evidenza l’abito chiaro della dea e gli incarnati dei personaggi. In secondo piano, a sinistra, la struttura rocciosa crea una quinta neutra che predispone alla lettura del paesaggio a destra. Il lago e il terreno sono poi frutto di delicati toni verdi. Il cielo, invece è azzurro, molto intenso e crea un efficace contrasto di luminosità con il primo piano. NASCITA DI VENERE (1483 – 1485). Anche in questo caso il soggetto mitologico nasconde un'allegoria neoplatonica fondata sulla visione dell'amore come forza motrice della natura. La dea, sostenuta da una conchiglia e sospinta dal soffio del vento Zefiro e dalla brezza Aura, approda su una spiaggia e una delle Ore (le ninfe responsabili delle stagioni) la aspetta per coprirla con un leggero manto fiorito. Venere sembra non accorgersene e rimane immobile a farsi ammirare in tutta la sua bellezza mentre viene raggiunta da una pioggia di fiori rosa. Venere è una figura elegante e aggraziata ed è completamente nuda, ma si copre con il braccio e con i lunghi capelli biondi assumendo la tipica posa delle Veneri pudiche rintracciabili in tante statue antiche. Ha una posa instabile che dà un effetto di leggerezza. Il peso è così spostato verso il fianco sinistro che sembra stia per cadere nel mare, rendendo ancora più instabile l’equilibrio nella conchiglia. La bellezza del suo viso distoglie la nostra attenzione dalle sproporzioni del corpo. La figura non ha spalle, né sterno e il suo braccio sinistro penzola in modo innaturale. I seni sono perfettamente tondi e troppo piccoli, il busto è troppo lungo e l’ombelico è troppo in alto. Tuttavia nessuno di questi difetti toglie efficacia all’immagine; Botticelli infatti pone l’eleganza al di sopra del realismo. Botticelli delinea un ideale di bellezza fisico e spirituale fondato sul concetto di armonia. C’è una noncuranza per la spazialità e una grande bidimensionalità, poiché le figure, chiuse dentro a una linea di contorno decisa, si stagliano nette sull’azzurro del mare e del cielo che sembrano un fondale teatrale. In questo modo l’attenzione dell’osservatore si concentra sui personaggi, sul groviglio dei corpi allacciati dei venti e soprattutto sull’immobile e rosea Venere. Il gusto per la linea in Botticelli è ancora molto legato al Gotico: l’artista indugia si sofferma sui complicati andamenti lineari dei capelli e dei panneggi, caratterizzati dalla linea serpentinata che qui esprimono bene la presenza del vento e la leggerezza delle stoffe mosse. Venere è al centro dell’opera, ma non forma un asse perfettamente verticale, il suo corpo si incurva in direzione del vento, generando un senso di movimento delicato. La sua figura, inoltre, è isolata in uno spazio triangolare grazie alle figure che la inquadrano ai lati. Tutta la scena è costruita grazie alle proporzioni armoniose, ai movimenti misurati dei personaggi e alla loro raffinata eleganza. Dagli anni ’90 del Quattrocento l’inquieta e drammatica visione esistenziale di Botticelli è resa più sensibile dalle predicazioni del Savonarola (che segnano un punto di svolta nella sua produzione artistica). La morte di Lorenzo il Magnifico, la cacciata dei Medici, l'annientamento dei sogni umanistici dei neoplatonici travolti dalle idee di Savonarola e poi la sconfitta di Savonarola stesso e la sua condanna al rogo (1498) portarono Botticelli a una profonda crisi personale (etica, artistica e politica). L’artista ritorna quindi verso un’iconografia medievale e si concentra su episodi tristi e dolorosi. Le sue opere si caricano di una forte espressività. L’artista privilegia la visione emotiva piuttosto che quella razionale e accentua l’intensità dolorosa dei volti ed esagera gli slanci dei corpi. LA CALUNNIA DI APELLE (1490 – 1495). La complessa iconografia riprende fedelmente l'episodio originale, inserendolo all'interno di una grandiosa aula, riccamente decorata di marmi e rilievi dorati e affollata di personaggi dove ognuno ha un ruolo ben preciso. Il quadro va letto da destra verso sinistra: sotto una loggia antica, re Mida (riconoscibile dalle orecchie d'asino), nelle vesti del cattivo giudice, è seduto sul trono, consigliato da Ignoranza e Sospetto (le due donne che gli sussurrano all’orecchio). Davanti a lui sta il Livore (cioè il "rancore"), l'uomo con il cappuccio marrone, coperto di stracci che tiene per il braccio la Calunnia, donna molto bella, che si fa acconciare i capelli da Insidia e Frode, mentre trascina a terra il calunniato impotente e con l'altra mano impugna una fiaccola che non fa luce, simbolo della falsa conoscenza. La vecchia sulla sinistra è il Rimorso e l'ultima figura di donna sempre a sinistra è la Nuda Veritas, con lo sguardo rivolto al cielo, come a indicare l'unica vera fonte di giustizia. Nella parte alta, a contornare tutta la scena, si trova un loggiato, composto da pilastri ed archi a tutto sesto; a rendere più ricca tutta l’architettura, ci sono anche delle nicchie, con all’interno delle grandi statue di protagonisti biblici e grandi personaggi dell’antichità classica. L’inquietudine creata dall’intrecciarsi dei gesti e dall’azione concitata viene accresciuta dal vitalismo delle decorazioni della loggia. Il rigore architettonico contrasta e accentua il dinamismo delle figure e l’intrecciarsi dei loro gesti, queste sembrano come percorse da un vento impetuoso che si placa solo nell'immagine statuaria della Verità a sinistra. Il tema strettamente concettuale si riversa nella scelta di figurazioni ormai lontane dall'aderenza a un fedele realismo. Tema stilistico dominante è il fluire della linea, oltre al colore vibrante e l'intonazione drammatica. Botticelli cerca di realizzare una sorta di tribunale, dove l’imputato è il mondo antico, nel quale sembra che la giustizia non esista. Questa mancanza di certezza e perdita di fiducia a cui Botticelli fa riferimento sono legate alle prediche del Savonarola, che proprio nel 1492 stava rivoluzionando Firenze e coinvolgendo tantissime persone, tra cui anche lo stesso Botticelli. Il dramma di un innocente calunniato doveva essere un episodio non raro nel clima di turbolenze cittadine vissuto in quegli anni a Firenze. |
|