IL MARRONE
Il marrone sarà pure il colore del terreno fertile da cui ricaviamo il cibo, ma non gli è stata mai mostrata molta gratitudine. D'altra parte non ricorda solo la terra, ma è anche il colore del fango, della sporcizia, dei rifiuti e degli escrementi.
Il marrone paga in parte il fatto di non essere propriamente un colore, ma una sfumatura. Non lo si trova nell'arcobaleno o in una ruota cromatica; per crearlo è necessario scurire o ingrigire i gialli, gli arancioni o alcuni rossi impuri oppure mescolare assieme i tre colori primari. L'assenza di un marrone luminoso e brillante ha fatto sì che questo colore venisse disprezzato dagli artisti medievali, ma anche moderni. Ma la vera epoca d'oro dei marroni arrivò più tardi: solo una volta passata la prima ondata rinascimentale si imparò piano piano ad apprezzarli per il loro valore. Nelle opere di artisti come Correggio, Caravaggio e Rembrandt le figure principali spiccano come aree luminose su uno sfondo di ombre scure e profonde. Tutta quell'ombra richiedeva una gamma straordinaria di pigmenti marroni, traslucidi e opachi, freddi e caldi, per impedire che l'oepra finale risultasse indistinta e piatta. Ossidi di ferro, più noti come ocre, sono i composti più comuni sulla faccia della Terra. Sono stati anche tra i primi pigmenti mai usati dal genere umano. I bovini, i cervi, i leoni e le impronte in marroncino e rosso granata sui muri delle caverne preistoriche devono il loro colore alle ocre. anche gli antichi egizi, greci e romani usavano le ocre: non solo erano abbondanti, ma erano anche disponibili in molte tonalità. Come alcuni neri, i marroni sono stati utilizzati a lungo dagli artisti per realizzare bozzetti e schizzi. Il bistro, per esempio, è un materiale scuro non particolarmente resistente, di solito preparato con i residui catramosi del legno di faggio bruciato. Terra di Siena dal colore giallastro. Il colore terra d'ombra è scuro, freddo e garantisce una velatura opaca perfetta. SI tratta di uno degli ossidi di ferro che fa parte delle ocre. Come gli altri bruni, è un pigmento molto stabile e affidabile, ed è stato una presenza fissa sulle tavolozze dei pittori fino al Novecento. La terra d'ombra è anche stato uno dei pigmenti più antichi mai usati dall'uomo. le ocre sono state usate sulle pareti delle grotte di Altamira in Spagna e di Lascaux in Francia. Molti dei dipinti di Caravaggio devono la loro drammaticità proprio all'uso di questo colore che crea uno sfondo scuro da cui spuntano poche figure. Anche Rembrandt, soprattutto nei suoi ultimi lavori, usava questa tinta negli sfondi e negli abiti pesanti dei suoi autoritratti. Sinopia una terra marroncina e sanguigna. Quasi tutti i cefalopodi, famiglia a cui appartengono polpi, calamari, seppie, sono in grado di produrre inchiostro. Questo liquido marrone scuro, color caffè bruciato, è composto quasi interamente da melanina e ha uno straordinario potere colorante. L'inchiostro di seppia è stato usato a lungo come pigmento marrone da parte di scrittori e artisti che lo chiamano "bruno di seppia". Partendo dal liquido contenuto nella sacca delle seppie, viene fatto asciugare, poi ridotto in polvere e poi fatto bollire con una sostanza alcalina per isolare il pimento. A quel punto può essere lavato, asciugato, macinato e ridotto in panetti pronti per la vendita. Anche se gli artisti continuano ancora oggi ad apprezzare il seppia per i suoi sottotoni rossi e volpini, questo colore adesso è più facile trovarlo nella fotografia. All'inizio le fotografie veniva sottoposte a un lavaggio chimico per neutralizzare l'argento delle basi e sostituirlo con un composto più stabile, che le rendeva più longeve e le colorava di un tripudio di ocra e marroncini. oggi la tecnologia ha reso questo procedimento superfluo, ma il seppia è rimasto il colore del romanticismo e della nostalgia. Il colore bruno di mummia deve il suo nome al fatto che era un pigmento composto di pece, mirra e resti macinati delle antiche mummie egiziane, (sia umane che di felini). E' un marrone ambrato tendente all’ocra, che ricordava per l’appunto la pelle o i bendaggi delle mummie egiziane. Il bruno di mummia, anche noto come bruno egiziano, iniziò a essere usato come pigmento (di solito mescolato con vernice d'ambra e un olio in fase di asciugatura, a partire dal XII secolo e rimase in voga almeno fino al Novecento. Contenendo tra le altre cose ammoniaca e grassi il bruno di mummia aveva il difetto di alterare l’aspetto dei colori adiacenti. |
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