NEOLITICO (6.000 – 4.000 a.C.)
Finiscono le glaciazioni e quindi cambiano anche la flora e la fauna che l’uomo primitivo ha intorno a sé.
I mutamenti avvengono anche nell’organizzazione sociale e produttiva: da semplice cacciatore, l’uomo diventa agricoltore e pastore. Questo comporta un processo di sedentarizzazione e lo stanziamento consente di stabilire relazioni sociali e di individuare una gerarchia all’interno dei gruppi di uomini preistorici.
L’uomo paleolitico dipendeva dall’ambiente, l’uomo neolitico domina le risorse naturali.
L’arte pittorica neolitica viene realizzata, come quella paleolitica, con pigmenti minerali su pareti rocciose; i temi rappresentati sono però scene di vita quotidiana (scene di caccia, scene rituali), dal carattere narrativo, nelle quali domina la figura dell’uomo. Dopo l’avvento e l’affermarsi dell’agricoltura, l’animale perde parte del suo valore e della sua importanza quale fonte di sostentamento primaria a favore dei prodotti della terra, tuttavia rimane componente essenziale della vita dell’uomo.
Nelle raffigurazioni dell’età neolitica si rileva un progressivo allontanarsi da quell'aderenza alle forme naturali tipica del Paleolitico per giungere a immagini geometriche, le quali mantengono la traccia dell’oggetto reale anche se in forma schematica e sommaria. Questa trasformazione è motivata dal differente rapporto col reale che ha comportato il passaggio da una società di pescatori-cacciatori a una di allevatori-agricoltori. L’attività agricola comporta una modificazione delle pratiche magico-propiziatorie paleolitiche, affiancando la conoscenza dei cicli delle stagioni, delle fasi lunari e richiedendo la capacità di organizzazione e di calcolo. Quindi il naturalismo dell’arte paleolitica, connesso alla magia propiziatoria della caccia, è adesso sostituito dal seminaturalismo, dallo schematismo e dall'astratto.
L’arte figurativa nel Neolitico tende a forme schematizzate, la figura del soggetto è spesso riconoscibile attraverso pochi tratti significativi. La fine del realismo nell’arte può coincidere con l’innalzarsi dell’intelligenza umana alla sfera del pensiero astratto. Infatti il processo mentale implicato nell'arte neolitica è di astrazione, l’immagine non è fissata in tutta la sua realtà, ma trasformata. L’astrazione deriva dall'osservazione della natura che poi viene schematizzata e interpretata. I segni, semplificati, non descrivono più la cosa reale, ma ne suggeriscono l’idea. Le figure hanno funzione di simbolo di cui tutti, all'epoca, ne conoscevano il significato.
La figura animale è quindi spesso riconoscibile attraverso pochi tratti: bastano le corna, le zampe, una linea per il corpo. Compaiono segni geometrici e quasi astratti che evidenziano i caratteri che gli animali hanno in comune, cioè gli elementi distintivi di un tipo e di una specie. Lo stesso vale per la raffigurazione degli elementi naturali, ad esempio il sole o l’uomo e i suoi oggetti.
E’ un’arte molto spoglia, addirittura “secca”, che rappresenta con precisione i contorni degli animali, ma trascura, come secondari, le linee del modellato e i tratteggi che rendono la rotondità dei corpi.
Compaiono poi anche segni geometrici, quasi astratti. Tra i motivi ricorrenti del Neolitico compare la spirale, presente tanto nella ceramica quanto nelle incisioni rupestri e nei monumenti megalitici in numerosissime aree geografiche nel bacino del Mediterraneo e dell’Europa. La spirale viene interpretata come rappresentazione della ciclicità dei ritmi biologici e riproduttivi dell’uomo e della natura, ben noti alle comunità agricole del Neolitico.
Le rare figure umane e animali sono silhouette geometriche e monocrome.
I disegni schematici, volendo comunicare un evento o un concetto, diventano parti di un codice espressivo e anticipano quasi la prima forma di scrittura: un sistema cioè che fissa pensiero e parola in maniera tale da permettere la rilettura illimitatamente nel tempo.
I mutamenti avvengono anche nell’organizzazione sociale e produttiva: da semplice cacciatore, l’uomo diventa agricoltore e pastore. Questo comporta un processo di sedentarizzazione e lo stanziamento consente di stabilire relazioni sociali e di individuare una gerarchia all’interno dei gruppi di uomini preistorici.
L’uomo paleolitico dipendeva dall’ambiente, l’uomo neolitico domina le risorse naturali.
L’arte pittorica neolitica viene realizzata, come quella paleolitica, con pigmenti minerali su pareti rocciose; i temi rappresentati sono però scene di vita quotidiana (scene di caccia, scene rituali), dal carattere narrativo, nelle quali domina la figura dell’uomo. Dopo l’avvento e l’affermarsi dell’agricoltura, l’animale perde parte del suo valore e della sua importanza quale fonte di sostentamento primaria a favore dei prodotti della terra, tuttavia rimane componente essenziale della vita dell’uomo.
Nelle raffigurazioni dell’età neolitica si rileva un progressivo allontanarsi da quell'aderenza alle forme naturali tipica del Paleolitico per giungere a immagini geometriche, le quali mantengono la traccia dell’oggetto reale anche se in forma schematica e sommaria. Questa trasformazione è motivata dal differente rapporto col reale che ha comportato il passaggio da una società di pescatori-cacciatori a una di allevatori-agricoltori. L’attività agricola comporta una modificazione delle pratiche magico-propiziatorie paleolitiche, affiancando la conoscenza dei cicli delle stagioni, delle fasi lunari e richiedendo la capacità di organizzazione e di calcolo. Quindi il naturalismo dell’arte paleolitica, connesso alla magia propiziatoria della caccia, è adesso sostituito dal seminaturalismo, dallo schematismo e dall'astratto.
L’arte figurativa nel Neolitico tende a forme schematizzate, la figura del soggetto è spesso riconoscibile attraverso pochi tratti significativi. La fine del realismo nell’arte può coincidere con l’innalzarsi dell’intelligenza umana alla sfera del pensiero astratto. Infatti il processo mentale implicato nell'arte neolitica è di astrazione, l’immagine non è fissata in tutta la sua realtà, ma trasformata. L’astrazione deriva dall'osservazione della natura che poi viene schematizzata e interpretata. I segni, semplificati, non descrivono più la cosa reale, ma ne suggeriscono l’idea. Le figure hanno funzione di simbolo di cui tutti, all'epoca, ne conoscevano il significato.
La figura animale è quindi spesso riconoscibile attraverso pochi tratti: bastano le corna, le zampe, una linea per il corpo. Compaiono segni geometrici e quasi astratti che evidenziano i caratteri che gli animali hanno in comune, cioè gli elementi distintivi di un tipo e di una specie. Lo stesso vale per la raffigurazione degli elementi naturali, ad esempio il sole o l’uomo e i suoi oggetti.
E’ un’arte molto spoglia, addirittura “secca”, che rappresenta con precisione i contorni degli animali, ma trascura, come secondari, le linee del modellato e i tratteggi che rendono la rotondità dei corpi.
Compaiono poi anche segni geometrici, quasi astratti. Tra i motivi ricorrenti del Neolitico compare la spirale, presente tanto nella ceramica quanto nelle incisioni rupestri e nei monumenti megalitici in numerosissime aree geografiche nel bacino del Mediterraneo e dell’Europa. La spirale viene interpretata come rappresentazione della ciclicità dei ritmi biologici e riproduttivi dell’uomo e della natura, ben noti alle comunità agricole del Neolitico.
Le rare figure umane e animali sono silhouette geometriche e monocrome.
I disegni schematici, volendo comunicare un evento o un concetto, diventano parti di un codice espressivo e anticipano quasi la prima forma di scrittura: un sistema cioè che fissa pensiero e parola in maniera tale da permettere la rilettura illimitatamente nel tempo.
INCISIONI RUPESTRI DELLA VALLE DELLE MERAVIGLIE (Monte Bego, 80 km da Nizza, II-I millennio a.C.). Le incisioni sono state eseguite su affioramenti rocciosi o massi sparsi. Si distinguono in due tipi: graffiti o filiformi e incisioni picchiettate.
I soggetti comprendono figure con corna (bovidi e scene di aratura), che sono la maggioranza, antropomorfi, rappresentazioni di armi (pugnali, alabarde, asce) e figure geometriche come composizioni topografiche, reticolati e pochissime spirali. Le nuove forme dinamiche si moltiplicano e si semplificano. Gli arcieri diventano filiformi, assumendo una forma a T o a croce e quindi si passa all’astrazione. Si tratta, in questo caso, di un’astrazione derivata dal naturalismo, più carica di simbolismo e di significati dell’astrazione pura. L'interpretazione non è sempre agevole; molti studiosi propongono un riferimento alla sfera religiosa, anche se non vanno esclusi riferimenti alle attività produttive montane, in particolare al mondo pastorale. Le tecniche sono sempre molto semplici: si tratta di sottili incisioni sulla roccia o di una scalpellatura per delimitare un contorno della forma che dopo verrà campita (tutta o in parte) con una martellatura diffusa. INCISIONI RUPESTRI DELLA VALCAMONICA (Val Camonica, Brescia, I millennio a.C.). 140.000 figure sono tracciate su 2.000 rocce dall’antico popolo dei Camuni e distribuite in oltre 180 località della provincia di Brescia. Le immagini più antiche risalgono a 10.000 anni fa e ritraggono grandi animali. Col passaggio al Mesolitico (circa 8.000 anni fa) l’attenzione si sposta sulla figura umana e sui villaggi. Circa 5.000 anni fa, oltre alle scene di allevamento e agricoltura, appaiono anche le prime immagini di carri con le ruote. Nell’ultimo periodo, intorno a 3.000 anni fa, compaiono figure di uomini armati e immagini simboliche di difficile interpretazione come piccoli labirinti circolari. Le incisioni possono essere filiformi (linee tracciate con uno strumento appuntito) oppure eseguite con la tecnica della martellatura o picchiettatura (cioè colpendo ripetutamente la roccia con un percussore di pietra, in modo da realizzare una serie di punti incavati e comporre un segno continuo). Le figure sono in prevalenza cervi e cavalli, hanno un corpo massiccio, rettangolare, mentre gli arti sono spesso colti nell’atto del movimento. Sono anche presenti motivi astratti, cerchi e simboli solari, impronte di piedi incise o completamente martellate, palette e strani segni simili a meduse. Le figure umane sono rese in genere con un corpo trapezoidale allungato, interamente picchiettato; le gambe, in proporzione, sono piccole e sono parallele o divaricate; le braccia sono alzate a mostrare le armi, o ripiegate a U; la testa è un cerchio pieno, distinto dal collo; il volto è visto di profilo, il busto di fronte e le gambe di profilo. GROTTA DI PORTO BADISCO (Otranto, Lecce, 4.000-3.000 a.C.). Le numerose scene di caccia al cervo vengono variamente schematizzate, in alcuni casi in modo molto rigido. Molti cervi sono realizzati “a pettine”, mentre la figura è quasi sempre sintetizzata con un doppio triangolo o a forma di croce o deformata in spirale e quindi più figure associate danno luogo a forme complesse. Non è un’immagine per propiziare la caccia, ma per lasciare un’immagine di come cacciavano per il futuro. Nella composizione viene studiata la relazione dell’animale col cacciatore: la relazione è impostata sulla linea diagonale (che è una linea dinamica che dà l’ida del movimento, di tensione e di forza). L’animale è rappresentato nell’azione di corsa e anche l’arciere è posizionato in moda da suggerire il movimento. Gli arcieri sono schematici e astratti, i loro movimento sono accentuati. Con il Neolitico si amplia la tipologia degli oggetti, delle tecniche e delle materie prime che l’uomo impiega per la realizzazione di utensili. L’industria più tipica del Neolitico è la ceramica ottenuta modellando l’argilla e cuocendola sul fuoco. Le forme, inizialmente ottenute senza l’uso del tornio, sono molto semplici e sono ciotole e vasi per contenere cibi e liquidi, prodotti in forme diverse per soddisfare le esigenze d’uso. Questi oggetti sono arricchiti con decorazioni impresse, incise o dipinte, spesso sottolineano con rigore la struttura del vaso. I vasi si presentano con decorazioni, anche fitte, costituite da linee parallele, diritte ed ondulate, o più tardi da complessi motivi a intreccio, cerchi o spirali. I recipienti in terracotta sostituiscono i precedenti contenitori in pelle o in fibre vegetali e vengono utilizzati per conservare, cuocere e consumare cibi e bevande. Al Neolitico risalgono anche le prime forme di architettura. Le abitazioni possono essere su palafitte, in cui le case sono elevate su piattaforme sostenute da pali conficcati nel terreno. Oppure scavando in modo sistematico le abitazioni nella pietra o tra gli anfratti del terreno. Nel Paleolitico si usavano i santuari naturali (le grotte), ora le costruzione religiose sono aperte e a contatto con la natura. E’ proprio alla fine del Neolitico che risalgono le grandi costruzioni megalitiche (4.000 a.C.) ed erano destinate al culto, alla sepoltura e all’osservazione astronomica. Ci sono i MENHIR (dal bretone men=pietra e hir=lunga) che sono le costruzioni più semplici e consistono in pietre di forma troncoconica o parallelepipeda, conficcate nel terreno, poste a indicare una sepoltura o un luogo sacro. Possono essere isolati o in allineamenti rettilinei o circolari. Se ne trovano tanti nelle isole britanniche, in Francia, ma anche in Sardegna, Puglia e Sicilia. Ci sono i DOLMEN (dal bretone tol=tavola e men=pietra) che sono due blocchi di pietra conficcati nel terreno a cui è sovrapposta una lastra di pietra orizzontale. Può essere una tomba individuale o collettiva (in questo caso ci sono più dolmen in successione), un luogo sacro o un sito per compiere sacrifici. Gran parte dei dolmen si trovano nel Nord Europa, ma ci sono esempi anche nel Sud d’Italia. Questo è il primo sistema costruttivo e si chiama trilitico perché composto da tre pietre: due verticali (piedritti) e una orizzontale (architrave). Testimoniano un incredibile livello tecnico necessario per trasportare e posizionare pietre così grandi e pesanti. I CROMLECH (dal gallese chrom=ricurvo e lech=pietra) costruzioni formate da file di menhir disposti in cerchio. Probabilmente erano luoghi di culto legati al sole. I cromlech meglio conservati si trovano nella penisola iberica e in Gran Bretagna. STONEHENGE (3100 – 1100 a.C.). Il nome di Stonehenge significa appunto “cerchio di pietre” e infatti qui troviamo un insieme di tanti cromlech messi in forma circolare. Il complesso era probabilmente un’area sacra dedicata al sole, un osservatorio astronomico e un calendario delle stagioni legato alla fertilità della terra. La struttura originaria era composta da un cerchio di 30 monoliti collegati da architravi, che forse rappresentavano i giorni del mese, il diametro esterno è di circa 30 metri. Ciascun monolite è alto circa 7 metri e pesa 50 tonnellate. All’interno del cerchio vi era un altro formato da 30 menhir più piccoli. Dentro a questo secondo cerchio ci sono cinque dolmen disposti a ferro di cavallo. Al centro dell’intera struttura c’è la cosiddetta pietra d’altare, una lastra orizzontale posta sul terreno. È considerato, vista la grandezza dei blocchi di pietra che lo compongono, un monumento “megalitico” (cioè fatto di pietre enormi). Queste pietre sono state trasportate fino al luogo da montagne distanti circa 30 chilometri usando slitte di legno o sfruttando i corsi d’acqua. Ciascuna pietra veniva trascinata poi verso una fossa rettangolare scavata nel terreno. Con un sistema di leve e di corde, prima veniva fatta scivolare nella fossa e poi sollevata. Il buco era successivamente riempito da sassi. Ogni due massi verticali veniva posta una pietra orizzontale (sistema trilitico). Viene considerato uno dei primi esempi di architrave sollevata per mezzo di un terrapieno e di leve. Il complesso di Stonehenge è immerso in uno spazio naturale e i volumi che lo compongono appaiono disposti e collocati secondo schemi precisi. Sorge al centro di una grande necropoli (con centinaia di tombe a tumulo) è quindi quasi sicuro che doveva trattarsi di un luogo molto importante, sacro e di culto. Durante il solstizio d’estate (che viene il 21 Giugno) il sole sorge al di sopra della pietra collocata al centro del complesso monumentale di Stonehenge. Questo potrebbe far ipotizzare una sua funzione religiosa legata al culto del sole, se non addirittura quella di un vero e proprio osservatorio astronomico antico. Possiamo considerarlo una testimonianza dello stupore dell’uomo di fronte agli astri e al mistero del loro movimento. I NURAGHI. La civiltà nuragica si sviluppò in Sardegna a partire dal II millennio a.C. e deve il suo nome al nuraghe (=cumulo di pietra), una torre di forma troncoconica costruita con pietre, rozzamente squadrate, poste una sull’altra (murate a secco e tenute assieme dal loro stesso peso). All’interno, un corridoio portava a una camera circolare coperta da una pseudo cupola, mentre una scala conduceva al terrazzo in alto da cui era possibile controllare il territorio circostante. La funzione probabilmente era militare, di casa-fortezza o di torre di avvistamento, per difendersi dai predoni che venivano dal mare. Il nuraghe poteva essere isolato o vicino ad altri e formare dei veri e propri villaggi. |
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