ETA' IMPERIALE
SCULTURA
AUGUSTO DI PRIMA PORTA (12 – 8 d.C.). Nella posa e nella veste è evidente un atteggiamento esortativo. L’imperatore è qui ritratto in veste militare (da generale) con corazza e mantello panneggiato attorno ai fianchi. L’opera mostra l’assimilazione dei canoni della scultura greca nell’equilibrio del gesto e della posa (che richiama quella a chiasmo), nell’idealizzazione del volto e nell’accurato chiaroscuro. A differenza di un eroe greco, Augusto indossa la corazza che però sembra un velo sottile che fa cogliere le forme dell’anatomia del busto sottostante. Mantello e corazza sono accuratamente incisi con elementi decorativi, oltre alle immagini di divinità è scolpita la scena di sottomissione di un re dei barbari. Ampie tracce di pittura stesa sul marmo mostrano la vivace policromia originaria. ARA PACIS (I secolo d.C.). E’ un altare dedicato alla pace di Augusto conquistata dopo le vittorie in Spagna e in Gallia. Dopo anni di lotte civili, Augusto si proponeva come garante della stabilità politica e sociale. E’ simbolo ed espressione della nuova monumentalità finalizzata a una consacrazione del potere. L’altare, circondato da un recinto sacro, rievoca nella sua semplicità formale l’austerità e le qualità morali della Roma antica. La balaustra del recinto marmoreo quadrato di 10 metri di lato è decorata in maniera complessa e articolata. I pannelli marmorei perimetrali sono interamente scolpiti sia sulla faccia interna che su quella esterna. All’interno c’è un fregio continuo di festoni, decorazioni vegetali, animali e con motivi geometrici. Il fregio dei pannelli esterni ricollega la storia della gens Iulia, la famiglia di Augusto, alle mitiche origini di Roma, culminanti nella figura dell’imperatore, presentato come l’eletto dagli dei a riportare Roma agli antichi splendori. I pannelli sono divisi orizzontalmente in due parti: l’inferiore è ornata a bassorilievo con motivi vegetali a girali d’acanto che diventerà un modello decorativo tipico dell’arte romana; la superiore presenta le scene storiche e allegoriche. I personaggi sono ritratti con le proprie sembianze. Ogni figura è rappresentata in una posa particolare e occupa tutta l’altezza del fregio. La seconda fila di figure è più distante dal bordo superiore in modo da dare profondità alla scena. I rilievi si caratterizzano per un chiaroscuro modulato e per la perizia tecnica nello scandire, in un rilievo bassissimo, i vari piani di profondità. Ci lavorarono artisti ellenici perché a Roma non c’era una manodopera così altamente intellettuale, raffinata e specializzata. La tradizione etrusco-italica si affianca a quella ellenistica e il tutto tende a dare un quadro di vita vissuta che è perfettamente funzionale allo scopo pedagogico e propagandistico cui l’opera era destinata. COLONNA TRAIANA (113 d.C.). Ha un grande fusto cilindrico di marmo alto 30 metri, di diametro 3,5 metri ed è posta su una base cubica. Sulla sommità c’è un toro decorato con ovoli che precede il capitello di coronamento, un tempo occupato dalla statua dell’imperatore (ora da quella di S. Pietro). La colonna è rivestita da una fascia a spirale di lastre marmoree scolpite con scene di battaglie contro i Daci rappresentate in ordine cronologico dal basso verso l’alto. Il rilievo è lungo oltre 200 metri e l’altezza delle lastre aumenta man mano che si procede verso l’alto così che, dal basso, si vedessero tutte le figure in modo proporzionato. Lo stile della figurazione è realistico e testimonia una grande attenzione alla storia e al racconto realistico, che si sostituisce definitivamente ai soggetti mitologici. Colpisce la minuziosità delle annotazioni e la ricchezza dei particolari descrittivi. Il realismo delle immagini è accentuato dalla presenza di elementi del paesaggio come colline e alberi e dalle posizioni naturali e dinamiche dei personaggi. Per il suo carattere celebrativo, esalta chiaramente i romani; ciò è evidente nel contrasto tra la sicurezza ordinata dei romani e l’ansietà tumultuosa degli sconfitti. L’imperatore è raffigurato ben 59 volte in atteggiamenti eroici: è alla testa dell’esercito, compie sacrifici agli dei, guida i soldati nella battaglia e assiste alle condanne dei nemici vinti. Tutto questo è raccontato in ordine cronologico, dal basso verso l’alto. Caratteri di natura ellenistica (come il verismo nel raffigurare lo spazio e il paesaggio, e l’articolata sovrapposizione dei piani) si uniscono alla marcata caratterizzazione espressiva e a una volontà narrativa tipicamente romana. Il rilievo è poco accentuato e produce un morbido effetto chiaroscurale, quasi pittorico; alcuni particolari sono addirittura scavati rispetto alla superficie del fondo. Una linea di contorno, ottenuta usando il trapano, delimita le figure che risaltano contro lo sfondo perché il solco ombreggiato rinforza e sottolinea il soggetto. Il rilievo non presenta spazi vuoti, il tutto sembra animato da un intenso furore di vita. Oltre alle scene di guerra, raffigura anche scene di pace. STATUA EQUESTRE DI MARCO AURELIO (176 – 180 d.C.). E’ un gruppo bronzeo, in origine dorato, alto 4,2 metri ed è l’unico esempio di monumento equestre di grandi dimensioni pervenutoci da Roma. Il punto di vista dal basso determina la monumentalità che è necessaria a sottolineare l’autorevolezza del personaggio. La statua rappresenta la grandezza divina dell’imperatore e il suo potere. Marco Aurelio ha il braccio destro teso verso l’alto come in molti altri ritratti dell’imperatore, il gesto può essere interpretato come un atto di clemenza. L’imperatore non indossa l’abito militare, ma la tunica inoltre non porta con sé armi e l’armatura non suggerisce un’azione di guerra. La statua quindi celebra un’epoca di pace e di prosperità legata al suo regno. L’anticlassicismo è evidente nel realismo del ritratto e nella forte carica chiaroscurale del modellato. La vitalità della statua è resa con calibrate contrapposizioni: il gesto conciliante ma fermo del cavaliere è sottolineato per contrasto dall’incedere nervoso del cavallo; le superfici profondamente chiaroscurate dell’imperatore sono rese più vibranti dalla massa possente ma liscia del cavallo. COLONNA DI MARCO AURELIO (COLONNA ANTONINA, 180 – 192 d.C.). Commemora le imprese dell’imperatore contro le popolazioni germaniche. E’ simile alla Colonna Traiana per l’intento narrativo, ma si differenzia da essa per alcuni aspetti formali ed espressivi: la striscia a rilievo è più lunga; le figure sono più grandi e hanno volumi molto marcati, da altorilievi. La forte accentuazione dei volumi e quindi del chiaroscuro determina, coi suoi netti contrasti di luce e ombra, una lettura drammatica che quasi annulla ogni intento realista. Le composizioni sono segnate da una forte gerarchia tra le figure, questo aspetto è evidente soprattutto nella raffigurazione dell’imperatore, visto come una vera e propria divinità. Compaiono anche elementi simbolici e richiami al mondo sovrannaturale. Emerge una nuova accentuazione espressionista, indice dell’abbandono dell’equilibrio e della raffinatezza formale della Colonna Traiana. L’opera è quindi già espressione della crisi della società romana. E questo è visibile dall’uso di un linguaggio più popolare, dalla composizione di immagini convulse e affastellate, dal contrasto accentuato tra vincitori e vinti (con un compiacimento nella disfatta del nemico). L’opera mostra la crisi dei valori razionali che avevano caratterizzato la cultura e l’arte romana. SARCOFAGO LUDOVISI (250 – 260 d.C.). E’ ricavato da un unico blocco di marmo. Raffigura scene di guerra tra romani e Daci. La convulsa scena è organizzata su 4 piani. Le scene sono serrate e affollatissime: in basso ci sono barbari a cavallo e a piedi, feriti, morenti o morti; in alto ci sono soldati e cavalieri romani impegnati a finire gli avversari o a combattere i nemici. Al centro spicca la figura di un condottiero (il defunto) a cavallo che è ritratto in maniera precisa e con un segno a croce sulla fronte (simbolo di iniziazione mitraica, culto orientale molto diffuso al tempo). L’esercito romano appare composto, equilibrato e molto organizzato, mentre i barbari presentano capigliature scomposte, espressioni drammatiche di dolore, paura e angoscia. L’accurata esecuzione e la perfezione delle immagini fanno pensare a un legame con la produzione ellenistica, ma l’espressione dolorosa dei Daci e le numerose figure disorganizzate e affastellate (senza soluzione di continuità) offrono un’immagine autenticamente drammatica. Il rilievo delle figure crea un fittissimo chiaroscuro, con forti variazioni a seconda degli elementi scolpiti e con un frequente uso del trapano. Nel IV secolo d.C. sembra concludersi quel processo volto all’affermazione di un linguaggio espressionista, carico anche di valori magici e simbolici. L’affermazione del Cristianesimo determina una censura quasi totale del linguaggio descrittivo e realista della romanità. L’influenza del pensiero cristiano, l’affiorare di un’espressività trascendente, l’esigenza politica di celebrare il culto della persona dell’imperatore, segnano l’inizio di una tendenza estranea alla tradizione ellenistico-romana. Troviamo quindi da un lato la grande dimensione, dall’altro la tendenza all’astrazione, espressa dall’intensità e dalla fissità degli sguardi delle figure. L’ARCO DI COSTANTINO (312 – 315 d.C) è l’ultimo arco di trionfo dell’impero. Ha tre fornici che si concludono in alto con un possente attico. Quattro colonne corinzie libere, appoggiate su piedistalli, movimentano il chiaroscuro delle facciate. Il monumento presenta frammenti di edifici più antichi (nelle colonne, nella trabeazione e in molti rilievi) frutto di spoliazioni. Nei rilievi non vediamo più la legge prospettica a organizzare le scene, ma l’accostamento delle figure su uno stesso piano frontale per rendere più facile leggere il ruolo gerarchico delle figure. I personaggi appaiono sproporzionati rispetto agli edifici. Ritroviamo quindi l’avvio verso un linguaggio più popolare, quasi un’anticipazione dello stile simbolico e sintetico dell’arte altomedievale. E’ quindi un primo esempio di stile “anticlassico”, brutalmente espressivo e rozzamente stilizzato. PITTURA IN ETA’ TARDO IMPERIALE Dal III secolo d.C. le testimonianze pittoriche murali sono molto frammentarie. Non è così per quanto riguarda i mosaici, numerosi invece nei resti di terme, domus e volle. Nel III secolo d.C. numerose sono le raffigurazioni di soggetti legati al mondo marino, disposti in composizioni ampie e dilatate (spesso estese all’intero piano pavimentale). I MOSAICI delle TERME DI CARACALLA mostrano una coerente intonazione tra elementi geometrici e naturalistici, che porta risultati di grande equilibrio compositivo. Larghi disegni geometrici con forme curvilinee segnate da colori diversi ai confini dell’astratto. Il verde del marmo serpentino, il giallo antico, il rosso, il bianco e il nero. l mosaici, con ampie integrazioni moderne, costituivano il pavimento di due esedre nelle biblioteche delle Terme di Caracalla. Sono suddivisi in pannelli rettangolari o quadrati: le figure intere e i busti rappresentano pugili e lottatori, con i capelli spesso raccolti nel cirrus, il caratteristico ciuffo dietro la nuca che denotava gli atleti professionisti; le braccia dei pugili sono rivestiti dai cesti (protezioni in cuoio e stoffa con elementi metallici). MOSAICI DI PIAZZA ARMERINA (Sicilia, IV secolo d.C.). La villa ha una grande varietà di sale e i mosaici si snodano negli ambienti interni per ben 3500 m2. Sono composti da tessere di pietra, marmo e pasta vitrea, tutte vivacemente colorate. Il repertorio iconografico è molto vario: alle scene di caccia e ai giochi circensi, si accompagnano anche temi mitologici e di vita domestica. Le numerose scene sono scelte anche in relazione all’uso e alla forma dell’ambiente in cui si trovano. Per questo la sala oblunga ospita le corse nel circo, mentre le sale ampie presentano scene di caccia o combattimenti di gladiatori. I piani d’appoggio delle figure sono resi con linee scure che le gettano in uno spazio astratto, privo di connessioni prospettiche. Ogni scena, conclusa in sé, manifesta una spiccata sensibilità nella restituzione del dato naturale, soprattutto nelle scene di lotta tra animali. Il colore è distribuito in strisce giustapposte e i contorni sono sottolineati da file di tessere scure, per cui le figure risaltano sul fondo chiaro e monocromo. |