ETA' REPUBBLICANA
ARCHITETTURA
Il diretto contatto con le civiltà ellenistiche, determinato dalle guerre di conquista, portò a una completa assimilazione dei motivi stilistici, formali e compositivi greci. Dal II secolo a.C., l’architettura romana elabora tipologie originali le cui caratteristiche sono: - la monumentalità, l’assialità, la frontalità (ereditate dagli etruschi); - l’uso degli ordini architettonici, la serialità degli elementi (ereditate dai greci). Il TEMPIO DELLA TRIADE CAPITOLINA (509 a.C.) era dedicato a Giove, Giunone e Minerva. L'edificio sorgeva su un alto podio con scalinata di accesso sulla fronte. Doveva essere circondato da un colonnato su tre lati, con altre due file di colonne allineate con quelle della facciata nel profondo pronao che precedeva le tre celle, quella centrale più larga delle altre secondo i canoni del tempio tuscanico. Ricorda i templi etruschi perché si erge su un alto podio con ampie scale su uno dei lati corti. Ogni divinità ha una propria cella. Era circondato da un colonnato su tre lati e preceduto da un profondo pronao con tre file di sei colonne di ordine tuscanico. Il lato posteriore era chiuso da un muro continuo a cui il tempio si appoggiava. Era monumentale: aveva un podio alto 5 metri e una pianta di 65 X 60 metri! SCULTURA Dal II secolo a.C. la funzione dell’arte divenne quella di testimoniare la grandezza della nazione vincitrice. La scultura quindi assunse un evidente carattere celebrativo. In questo contesto si diffuse il rilievo storico che mostrava le imprese di conquista e che quindi assumeva una connotazione descrittiva a tal punto che l’attenzione al dettaglio giungerà alla documentazione storica. Nell’arte greca anche la narrazione storica era svolta rielaborando temi mitologici; i romani invece si affidano alla presenza umana, caratterizzandola con atteggiamenti composti. ARA DI DOMIZIO ENOBARBO (fine II secolo a.C.) rappresenta da una parte il corteo di creature marine che accompagnava le nozze di Poseidone e Anfitrite. Lo stile è fantasioso e ricco, con chiari rimandi all’arte greca classica. Qui colpiscono le dimensioni innaturali degli animali, simbolicamente più grandi, per evidenziare la loro importanza simbolica nel rito che si stava compiendo. Dall’altra parte invece, fissa sulla pietra un rito religioso romano con legionari, un cavaliere e alcuni cittadini vestiti con toga. Qui lo stile è asciutto, semplice ed essenziale. Il primo lato rivela una notevole influenza greca, l’altro invece mette in luce un interesse maggiore alla rappresentazione chiara dei fatti, tipicamente romano. Quindi la differenza di stile è causata dai diversi modelli ai quali si ispiravano gli autori. In generale possiamo dire che è caratterizzata da un acceso naturalismo negli atteggiamenti e nei volti, un solido plasticismo, un ricercato chiaroscuro, unito a espressioni classicheggianti nel nudo e nello sfondo bucolico di alcune scene. La perizia tecnica degli scultori romani la raggiunsero tramite la copia delle opere di Policleto e degli altri scultori greci tardo ellenistici. Le caratteristiche dei RITRATTI sono la riproduzione fedele dei tratti fisionomici che relega in secondo piano la bellezza e la perfezione delle forme. Ci sono dei legami con realismo ellenistico nella tendenza analitica che rende dettagliatamente i lineamenti del volto, i solchi delle rughe, la serena nobiltà o il tormento di sguardi penetranti. Colpisce la crudezza realistica di certe opere: volti ossuti, rugosi, labbra tese, etc. Il ritratto è spesso “tipologico” cioè tende a esaltare un certo tipo di qualità morale (l’autorità, la saggezza, il valore militare) più che le reali sembianze del personaggio. Il BRUTO CAPITOLINO (IV – III secolo a.C.) è una statua bronzea con occhi in avorio e pasta vitrea e questo ce lo rende particolarmente realistico. Ha un volto dalla straordinaria forza espressiva, raggiunta grazie allo studio fisionomico del soggetto. Gli zigomi e la fronte dimostrano i segni del tempo. Questo ci fa capire l’incredibile interesse per catturare le caratteristiche e le somiglianze specifiche dell’individuo. Viene ritratto con lo sguardo concentrato e risoluto questo perché si vuole sottolineare la sua saggezza, determinazione e forza. I tratti somatici vengono quindi trasformati per diventare tratti simbolici del carattere del personaggio, quindi la ritrattistica diventa un mezzo di propagandistica pubblica. PITTURA Le maggiori testimonianze della pittura romana provengono dalle decorazioni delle case private. Queste sono caratterizzate da vivacità e immediatezza; vi emerge un tono veristico nella resa dello spazio, della natura e dei ritratti. I migliori esempi di pittura emersero negli scavi di Pompei ed Ercolano. L’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. sommerse di ceneri le due città, preservando i dipinti murali e i mosaici che decoravano molti edifici. Le decorazioni esprimono un vivo naturalismo, una prospettiva intuitiva e un chiaroscuro efficace. Grazie a queste i romani riuscirono a trasformare spazi angusti e claustrofobici in luoghi sconfinati. Davanti a questi affreschi ci perdiamo nell’illusione di finte architetture e paesaggi immaginari che rendono invisibile lo spazio fisico della stanza e dell’edificio. La tecnica è quella della pittura “compendiaria” e comporta rapidi tocchi a macchie di pochi colori, distinti in zone di luce e ombra che l’osservatore ricompone guardandole. Si possono individuare quattro stili: I STILE (II – I secolo a.C.) detto “a incrostazione” o “strutturale”, decora le pareti fingendo la texture del marmo o di altri materiali (che sarebbero costati troppo), grazie all’uso del colore e dello stucco. Alla “semplicità” della decorazione delle pareti, corrispondevano pavimenti con preziosi ornamenti musivi. Le pitture in primo stile si articolano, seguendo una ripetizione fissa, in tre zone: una fascia superiore decorata con cornici in stucco aggettante; una fascia mediana, a sua volta tripartita, dipinta con i colori predominanti rosso e nero, ma anche viola, giallo-verdi, imitanti il marmo, il granito o l'alabastro; un plinto o zoccolo, di solito di colore giallo; II STILE (I secolo a.C. – I secolo d.C.) detto “architettonico”, rende lo spazio con principio di illusionismo prospettico, ispirati all’imitazione dei rilievi architettonici che vengono simulati sulle pareti. Esse spesso si “aprono” all’esterno con effetti prospettici-illusionistici e scenografici, vengono applicati principi prospettici intuitivi, partendo dall’imitazione dei rilievi architettonici. E’ una pittura che usa il chiaroscuro e dispone le figure su piani diversi per simulare la profondità spaziale. Finte architetture producono un effetto illusionistico di pareti che si aprono all’esterno con finti colonnati, esedre, porticati, oppure decorazioni con false nicchie, mensole con copie di oggetti d’arte che rimandano a un gioco intellettualistico di allusioni colte che i ricchi committenti ostentano in materia d’arte. Esempi di questo stile sono Villa Livia e la Villa dei Misteri a Pompei; III STILE (I secolo a.C. – I secolo d.C.) detto “ornamentale”, è una pittura decorativa, serena ed equilibrata. Anche qui si aprono grandi spazi illusori al centro della parete. Il metodo prospettico di un unico punto di fuga fu sostituito dall’allineamento assiale (che poteva essere verticale od orizzontale), a cui convergevano, ad altezze diverse, coppie di rette, anche non parallele. La pittura di paesaggio si alterna a temi mitologici ed esalta l’elemento della luce. Le forme sono semplici e rigorose; IV STILE (I secolo d.C.) detto “ dell’illusionismo prospettico” o “fantastico”. Ripropone le scenografie architettoniche del II stile, ma lo fa in modo più teatrale e fantastico. Quindi è caratterizzato da ricche decorazioni, finti tendaggi, stucchi, statue, in un cromatismo acceso e ricco di contrasti. Le pareti delle stanze sono dilatate artificiosamente all’infinito. Siamo ormai nella fase imperiale, in cui il virtuosismo tecnico è animato da un decorativismo quasi fine a se stesso. |
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