IL COLOR FIELD
E’ una corrente dell’Espressionismo Astratto che, a differenza di questo, non è gestuale, ma porta avanti un modo di dipingere dall’emotività più controllata. In questo stile non viene accentuata la corporeità, né il movimento (che viene appena accennato dal verso delle pennellate).
Questa corrente artistica viene chiamata “Color Field” cioè campo colorato, perché le opere presentano generalmente campiture uniformi, piatte e liquide.
Gli artisti lavoravano su tele grandi, dipingendo ampi campi di colore (color fields), spesso senza punti focali, marcate variazioni di tonalità e contrasto, o segni gestuali.
Benché le tecniche si distanziassero dall’action painting, l’obiettivo era comune: esplorare il significato simbolico e le emozioni universali.
E’ una corrente dell’Espressionismo Astratto che, a differenza di questo, non è gestuale, ma porta avanti un modo di dipingere dall’emotività più controllata. In questo stile non viene accentuata la corporeità, né il movimento (che viene appena accennato dal verso delle pennellate).
Questa corrente artistica viene chiamata “Color Field” cioè campo colorato, perché le opere presentano generalmente campiture uniformi, piatte e liquide.
Gli artisti lavoravano su tele grandi, dipingendo ampi campi di colore (color fields), spesso senza punti focali, marcate variazioni di tonalità e contrasto, o segni gestuali.
Benché le tecniche si distanziassero dall’action painting, l’obiettivo era comune: esplorare il significato simbolico e le emozioni universali.
MARK ROTHKO (1903-1970)
Dal 1945 abbandonò le sperimentazioni in ambito surrealista e la figura, compiendo una decisa svolta verso l'astrazione. Si può dire che inizia a concentrarsi su quelli che finora erano stati solo gli sfondi su cui dipingeva: stesure monocrome rotte da tre o quattro presenze quadrangolari dai margini sfumati, masse cromatiche sospese che tendono ad equilibrarsi tra loro. L’artista però non vuole rappresentare una sorta di orizzonte o paesaggio, ma vuole configurare piuttosto un’atmosfera, uno spazio che non ha nulla della realtà quotidiana. Le tele si ricoprono di tonalità gialle e rosse, ocra e arancioni, ma anche blu e bianco. I dipinti non hanno più un titolo perché, secondo l'artista, non devono più essere interpretati, ma la fruizione dello spettatore deve semplicemente trasformarsi in una contemplazione che porti a un'esperienza spirituale. L’artista affermava di voler dipingere il sublime, sottolineando la dimensione spirituale della sua arte. Rothko era affascinato dall’arte antica e dai miti e si identificava con le loro “forze potenti e con l’accettazione della brutalità del mondo naturale come dell’eterna insicurezza della vita”. Nel 1949 aveva ormai sviluppato uno stile pittorico che consisteva nel dipingere su grandi tele ampi rettangoli di colore che raggiungevano quasi il bordo e usava pennellate sfumate e sfocate che amalgamavano le sottili variazioni di colore e danno l’idea che i colori fluttuino. Le opere di Rothko quindi sono sempre grandissime e verticali, bilanciate nei pesi da un lento, misurato lavoro di studio tra le diverse intensità delle bande orizzontali di colori. Pur enfatizzando la bidimensionalità del piano dell’immagine e ignorando la prospettiva, i suoi quadri conservano un senso di profondità e i colori di diversa intensità sembrano avanzare e retrocedere. I colori che usa Rothko sono opachi e di spessore diverso da zona a zona. I rapporti cromatici tra le aree sono tali da dare l’impressione che gli spazi avanzino o arretrino alla nostra vista. Le parti chiare assumono l’aspetto di bagliori, quasi delle apparizioni divine attraverso la luce. I rettangoli di colore non sono uguali e non hanno margini netti, ma sfumati, come se fossero nuvole. Queste ampie stesure di colore molto diluito sono in relazione tra loro per effetti di contraddizione e dilatazione. I blocchi di colore occupano l’intero campo visivo dell’osservatore; l’artista voleva che lo spettatore entrasse nel quadro e fosse travolto da un impatto spirituale e sensoriale. Mentre Pollock fissa il gesto irripetibile del corpo a corpo (tra artista e tela), Rothko sembra dar vita a una pittura senza pittore. Il soggetto dei suoi quadri è il venir meno, l’assenza dell’autore stesso. La cura esecutiva si risolve quindi in una sintesi estrema che avvolge lo spettatore in un silenzio meditativo. E’ una pittura mentale, ermetica e vibrante fino ai limiti dell’implosione. Nel suo percorso le tele si fanno via via più scure, fino alle ultime che sono quasi completamente nere segnando quello stato d’animo, sempre più depresso che si concluse col suo suicidio. |
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