IL RAZIONALISMO ORGANICO
Nel primo Novecento, accanto al Razionalismo, sorge anche l’Organicismo, una corrente architettonica che, al contrario di quella funzionalista, tende a svilupparsi con forme derivate dalla natura, con planimetrie molto articolate sviluppate in orizzontale e un grande uso della pietra e de legno.
L’architettura organica è caratterizzata da geometrie complesse, da spazi interni articolati e da materiali legati al contesto in cui viene costruito l’edificio.
Nel primo Novecento, accanto al Razionalismo, sorge anche l’Organicismo, una corrente architettonica che, al contrario di quella funzionalista, tende a svilupparsi con forme derivate dalla natura, con planimetrie molto articolate sviluppate in orizzontale e un grande uso della pietra e de legno.
L’architettura organica è caratterizzata da geometrie complesse, da spazi interni articolati e da materiali legati al contesto in cui viene costruito l’edificio.
FRANK LLOYD WRIGHT (1869 - 1959)
Fin dall’inizio Wright matura una visione personale del rapporto tra ambiente naturale e ambiente costruito, gettando le basi per l’architettura organica. Un edificio, per lui, deve adattare la propria forma alle caratteristiche dell’ambiente che lo circonda. L’edificio, per Wright deve essere una cosa sola con l’ambiente circostante, deve rispettare la natura, dialogare con essa in continuità.
Wright traduce i temi naturalistici in forme architettoniche. Con delle stilizzazioni, rende gli elementi naturali, degli elementi concettuali e decorativi all’interno della costruzione. Il suo obiettivo è quello di non differenziare in modo forte (in termini visivi) lo spazio costruito da quello naturale e quindi concepisce gli edifici come organismi essi stessi pulsanti e viventi. La sua innovazione è quella di smaterializzare progressivamente la scatola muraria a favore di una maggiore integrazione tra interno ed esterno. Arriva quindi a creare una spazialità fluida, non più legata a spazi rigidi. Nonostante questa “organicità” i suoi sono spazi organizzati con elementi squadrati e regolari. Crea giochi di equilibrio, apparentemente instabile, di solidi volumi geometrici. Centrale è, anche per lui, il rapporto forma-funzione e quindi l’architettura deve essere al servizio della vita e deve migliorarla. PRAIRIE HOUSE = case della prateria (fino al 1910), qui Wright recupera molti elementi della tradizione dei pionieri americani. Sono ville unifamiliari collocate in zone suburbane di Chicago per una committenza borghese. Le abitazioni hanno un marcato sviluppo orizzontale. Gli spazi si organizzano attorno al focolare, fulcro della tradizionale vita domestica. Ampie terrazze si prolungano verso l’esterno. E’ attraverso questa tipologia edilizia che Wright elabora la teoria di un’architettura organica che possa fondersi perfettamente con l’ambiente naturale. La forma architettonica e i materiali utilizzati devono essere determinati in relazione all’ambiente circostante, con cui l’edificio deve creare un rapporto aperto e dialettico. ROBIE HOUSE (1909). E’ un edificio basso, immerso nella natura, in cui il rapporto tra piani verticali e orizzontali ridefinisce la struttura del luogo. L’edificio ha tre piani sfalsati. La tradizionale “scatola” abitativa si scompone, aprendosi verso l’esterno con verande e terrazze su ogni lato e una pianta libera che si organizza attorno al nucleo del camino, simbolico focolare domestico. Il grande camino centrale che, oltre a essere il fulcro della progettazione, incorpora anche il blocco scale ed è l’elemento di separazione tra il soggiorno e la sala da pranzo. Non ci sono più stanze, ma ambienti aperti; comunque le diverse funzioni dei locali sono differenziate e ben riconoscibili. Nel prospetto la linea orizzontale e l’asimmetria sono dominanti e il gioco dei dislivelli altimetrici diventa estremamente complesso e raffinato. Si crea un suggestivo incastro di volumi sfalsati, collegati da rampe e scalette, che assecondano l’andamento del terreno. Le ampie coperture piane sono lame orizzontali che prolungano lo spazio vetrato del soggiorno verso l’esterno, formando delle tettoie. Quindi l’edificio si relaziona in modo stretto con l’esterno. Questo è sottolineato anche dal fatto che l’edificio prosegue all’esterno con vasche, terrazzamenti e fioriere. L’orizzontalità dell’edificio è accentuata anche dall’uso di lunghi e sottili mattoni messi in opera dissimulando le giunzioni verticali e dal prolungamento del tetto a sbalzo, in un’ideale fusione tra architettura e natura. Nel rapporto armonico dell’edificio con la natura e nella ricerca di asimmetria, è evidente anche il ricordo dell’architettura giapponese. CASA SULLA CASCATA (1935 – 1939). La villa si trova immersa bella natura, all’interno di un bosco in Pennsylvania. Sorge su uno spuntone di roccia, dove un torrentello precipita, per alcuni metri, creando una cascata suggestiva e naturale che sembra quasi scaturire dall’edificio stesso. La villa si integra perfettamente con l’ambiente circostante: sembra emergere dalle rocce, mescolandosi al verde di alberi e cespugli. Dal suo nucleo centrale, completamente rivestito in pietra, si dipartono tutti gli ambienti con grandi terrazzi a sbalzo cioè sporgenti. Questi elementi accentuano l’orizzontalità della struttura, integrandola ulteriormente con il terreno, assecondandolo e proiettandosi nello spazio. Quindi la dissimmetria dei corpi, lo slittamento dei volumi e i piani si adeguano ed esaltano il disordine organico proprio della natura del luogo. Le lunghe vetrate liberano la visuale verso la natura circostante. La costruzione è realizzata con materiali del luogo (pietra e legno) e quindi l’inserimento nell’ambiente risulta ancora più armonioso. Questo avviene anche perché la struttura non si presenta come un corpo estraneo, costruito da un volume chiuso e definito. Essa mette invece in evidenza una serie di piani che si intersecano e si accavallano nello spazio, protendendosi nel vuoto della cascata, come una sorta di organismo vivente. Dall’esterno sembra un prolungamento asimmetrico della roccia stessa, perché ne imita i caratteri. Gli spazi interni sono liberi. Al centro dell’organizzazione dell’interno c’è il soggiorno vetrato che si apre verso il bosco e la cascata in un abbraccio naturale. L’ampio soggiorno è concepito in continuità con l’ambiente circostante: il pavimento, in pietra irregolare, è costituito in parte dalla roccia stessa su cui è costruita la casa. Inoltre la veduta sul paesaggio è quasi totale grazie alla parete trasparente che si affaccia sulla cascata senza interrompere visivamente il rapporto tra interno ed esterno. A sua volta la natura entra da ogni lato nell’edificio: la cascata, il cui scroscio si sente in ogni stanza, è raggiungibile da una scaletta interna. Rientranze e sporgenze della pianta sono determinate dalla preesistenza di un albero o dalla volontà di affacciarsi sul torrente da una specifica angolazione. Natura e manufatto architettonico si integrano senza mai scontrarsi. L’edificio non ha una facciata principale e non definisce una gerarchia tra elementi strutturali portanti e non. Anche gli arredi interni sembrano sorgere dalla struttura stessa: il pavimento è della stessa pietra dello sperone esterno; i pilastri sono rivestiti in pietra del luogo; le panche e i sedili, che circondano il soggiorno, sono in pietra e legno, così come il lucernario sul tetto e gli infissi. GUGGENHEIM MUSEUM (New York, 1943 – 1959). Con quest’opera Wright rinnova il tradizionale modello di museo. Non più la solita sequenza di sale, una dopo l’altra, ma un’unica rampa elicoidale leggermente in salita che si avvolge a spirale per sei piani che termina in un’ampia e luminosa cupola vetrata. Quindi il museo si snoda in un itinerario che si percepisce percorrendolo. Wright trasforma il museo in una struttura dinamica dove contenuto e contenitore interagiscono tra loro e creano un’esperienza artistica globale. Wright parte dall’osservazione di una conchiglia. La spirale è una forma semplice e complessa allo stesso tempo: semplice perché è costituita da un unico piano che si ritorce su se stesso; complessa perché suggerisce un percorso infinito senza un inizio e una fine precisi. L’inclinazione della rampa è dolce e progressiva. Le aree espositive si snodano lungo le pareti spiraliformi esterne, a cui sono appesi i dipinti. I visitatori non devono fare altro che percorrere tutta la rampa, passando accanto alle opere esposte, fino al grande lucernario che illumina lo spazio interno. E’ quindi un modo di pensare il museo nuovo. All’esterno la sua forma contrasta con le sagome squadrate dei grattaceli e tende a espandersi in senso orizzontale. All’effetto di espansione contribuisce anche l’allargamento della spirale verso l’alto. Possiamo dire che l’edificio non ha rapporti con l’ambiente esterno, è autoreferenziale, perché a Wright la città di New York non piaceva. Ma qui, per la prima volta, il museo stesso è un’opera d’arte, un capolavoro dell’architettura del Novecento. |
|