Nasce contemporaneamente a Zurigo (attorno al Cabaret Voltaire) e a New York durante la 1° Guerra Mondiale ed è l’Avanguardia più radicale perché si pone contro la guerra e contro tutta la società che l’ha generata. Nasce nel 1915 contemporaneamente a Zurigo perché la Svizzera era neutrale e vi confluirono emigrati politici, intellettuali e artisti pacifisti e a New York perché non era stata toccata dalla guerra.
In un clima così deprimente alcuni artisti sentirono che era impossibile continuare a fare arte in modo tradizionale. Di fronte a un conflitto che stava facendo milioni di vittime nessuna ricerca artistica aveva senso per loro. L’unica reazione possibile allora diventa l’ironia e il gioco. La stessa scelta del nome è un mistero. Ogni membro del gruppo dà una spiegazione diversa: “dada” in russo significa due volte “sì”, in tedesco due volte “qui”, in italiano sono le prime sillabe pronunciate da un bambino. Un altro di loro dice di aver trovato la parola aprendo a caso un dizionario di francese. La verità è che viene scelto proprio perché non significa nulla ed è un semplice nonsense. Questa scelta riflette tutti gli atteggiamenti che stanno alla base della poetica dadaista: non senso e casualità, incoerenza, ironia e libertà, anarchismo. Gli artisti che fondarono il movimento Dada erano disillusi e ritenevano che la guerra avesse distrutto tutti i principi morali, politici ed estetici del passato. L’arte che proponevano gli esponenti del gruppo aveva un effetto insieme distruttivo e liberatorio. Mentre le altre Avanguardie proponevano modi nuovi di dipingere, il Dadaismo proponeva una nuova filosofia di vita. Il Dadaismo è quindi antiartistico, antiletterario, antipoetico, contro la bellezza eterna e per la sfrenata libertà dell’individuo. Dada non è tanto una tendenza artistica, quanto una predisposizione dello spirito. Quindi è un movimento caratterizzato da uno spirito di rivolta contro le istituzioni e i valori tradizionali, legittimò come procedimento artistico quasi ogni tipo di azione mutando completamente la concezione estetica e il ruolo dell’artista. Alla base c’è il progetto di allargare l’estetica, la sensibilità dell’uomo contemporaneo, avvalendosi di tutti i mezzi di comunicazione. Per i dadaisti ciascuno è libero di fare l’arte che gli pare e qualunque opera pittorica o plastica convenzionale è inutile. Il Dadaismo nega qualsiasi valore al passato. È mosso da un intento dissacratorio e dalla ricerca di nuovi meccanismi per fare arte. Tutto viene usato in maniera provocatoria, per abbattere le convenzioni borghesi intorno all’arte in questo aspetto, richiama il nichilismo di Nietzsche. Dada è tutto e nulla, è gioco, è paradosso. Dà importanza al gioco e alla combinazione casuale di parole e di oggetti. Dada ha proposto il rifiuto della ragione e della logica, ha enfatizzato la stravaganza, la derisione e l’umorismo. Il tema unificante de movimento dadaista è il caso: la storia e la guerra dimostravano che il progresso portava a un cambiamento, ma non a un miglioramento. La storia non era un flusso di eventi mirato al bene, ma un caotico susseguirsi di avvenimenti. Quindi anche l’arte deve accettare il caso come unica regola, rifiutando ogni atteggiamento razionalistico. Questo legittima ogni procedimento artistico perché per gli artisti dadaisti è più importante il gesto e l’idea che l’opera in sé. Il Dadaismo non vuole distruggere l’arte, ma l’idea di arte: nega l’arte come istituzione e riprende l’idea di una ricongiunzione tra arte e vita; viene cioè spostata l’arte nella vita, facendola diventare gesto e processo. Dada è un’azione critica prima ancora che pratica. Sposta completamente l’accento sull’intenzione e sulla fruizione, rispetto al prodotto, all’opera. Le novità tecniche introdotte dal Dadaismo ispirarono poi molte delle tendenze del secondo Novecento. Alcune di queste sono: le performance, le sculture fatte con oggetti preesistenti, i fotomontaggi, le sculture a dimensione ambientale, i rayogrammi (che consistevano nell’impressionare la pellicola fotosensibile mettendola a contatto con oggetti o proiettandoci le loro ombre). I “ready-made” sono opere realizzate con oggetti reali, cioè non prodotti con finalità estetiche, decontestualizzati e presentati come opere d’arte. Diventano uno dei maggiori elementi dissacratori dei concetti tradizionali di arte perché rompono il concetto per il quale l’arte è il prodotto di un’attività manuale effettuata dall’artista. L’opera d’arte quindi può essere qualsiasi cosa e quindi, se tutto è arte, niente è arte. L’azione dell’artista non consiste più nella sua attività artigianale-manuale, ma nelle idee che riesce a proporre. Il valore del ready made sta solo nell’idea e l’artista è colui che sa proporre nuovi significati alle cose esistenti, spiazzando l’osservatore. I ready made inoltre avvalorano la cosiddetta “teoria del contesto” secondo la quale ciò che sta dentro a un luogo autorizzato a certificarne l’esistenza in quanto opera d’arte è sicuramente arte. Perché lo dice il contesto. Se è lì vuol dire che c’è stato sufficiente giro di opinioni affinché quell’oggetto possa essere considerato un’opera e il suo autore possa essere considerato un artista. |
"…verso il 1916-1917, la guerra sembrava che non dovesse più finire. (…) Di qui il disgusto e la rivolta. Noi eravamo risolutamente contro la guerra, (…) e la rivolta assumeva dei modi in cui il grottesco e l’assurdo superavano di gran lunga i valori estetici." |