ART NOUVEAU
L’Art Nouveau nasce alla fine dell’Ottocento in un clima di generale fiducia verso il futuro e in stretta relazione con l’avanzare della società industriale e al forte desiderio di liberare l’arte dalle regole accademiche e dal passato.
Prese nomi diversi a seconda delle varianti nazionali: Art Nouveau in Francia, Jugendstijl in Germania e Austria, Modern Style in gran Bretagna, Liberty o Stile floreale in Italia, Modernismo in Spagna. Rappresenta il primo modo in cui la società industriale cercò di darsi un’estetica attraverso un più attento lavoro di progettazione. L’obiettivo fu quello di migliorare, decorandoli, gli oggetti prodotti dalle industrie per evitare di banalizzare la produzione in serie. Quindi questo nuovo linguaggio pervase tutti i settori della figurazione, superando la classica distinzione tra arti maggiori e minori. Nessun campo dell’arte, ma anche del vivere quotidiano, è rimasto immune all’ Art Nouveau. L’ Art Nouveau è importante per diversi motivi: spazza via l’Eclettismo ottocentesco; unifica il gusto europeo, superando i regionalismi; riavvicina l’arte alla vita; consolida l’alleanza tra arte e industria. Le caratteristiche costanti sono l’elaborazione di nuovi motivi ornamentali con un lavoro di sintesi e stilizzazione sulle forme del mondo vegetale e animale, il ricorso all’asimmetria e l’ispirazione della natura. Queste componenti si traducono in una linea avvolgente, serpentinata, morbida ed elegante perché la linea è assunta come espressione di forza e di dinamismo, cioè come simbolo di vitalità. Gli elementi decorativi di origine animale o vegetale vengono stilizzati e ripetuti, creando dei motivi decorativi. Sono particolarmente apprezzati i materiali preziosi, i colori cangianti e le linee sinuose. Spesso lo scopo dell’Art Nouveau è il solo decorativismo, ma più spesso si “impadronisce” dell’oggetto e del materiale con cui è fatto e li trasforma e plasma completamente. Anche nell’ Art Nouveau si assiste al GIAPPONESISMO, cioè all’influenza dell’arte giapponese che arriva in Europa con l’Esposizione Internazionale di Parigi dl 1862. Questa ammirazione si manifesta soprattutto nell’abbandono della visione realistica e tridimensionale e dei tradizionali moduli compositivi e spaziali. Inoltre venne accentuata la tendenza a creare una pittura “di superficie”, fondata sulla bidimensionalità, sulla stilizzazione e sulla sintesi. Le figure eleganti vengono ora composte in modo più libero e sciolto su sfondi indefiniti ed essenziali. Altri sintomi del Giapponesismo sono il verticalismo delle figure allungate e dei formati delle opere, l’inserimento di scritte verticali e l’affermazione dell’asimmetria. Nell’ARREDAMENTO trionfano le forme morbide e sinuose, derivanti dalla natura e poi reinterpretate in chiave decorativa. Ne derivano mobili dai legni pregiati e dalle forme sinuose, sovente rifinite con intarsi polimaterici che vivacizzano i colori e ne impreziosiscono l’effetto. Nel campo TESSILE, si producono stoffe e tessuti decorati con motivi straordinariamente complessi e insieme delicati. Questo rinnovamento dei tessuti, si riflette anche nella MODA. Gli stilisti aboliscono i bustini rinforzati e le gonne rigonfie, proponendo forme più morbide e fascianti che esaltano le sinuosità femminili; ispirandosi all’armonia di soggetti floreali e alla raffinata eleganza delle Korai greche. La CERAMICA e i VETRI si prestano a dolci torsioni e a magiche trasparenze in linea con questo nuovo stile. Il tutto con colori vivacissimi. Nella GRAFICA la tipografia si stima in forme flessuose, modificando anche i simboli convenzionali della comunicazione: le lettere e i numeri. Inoltre i progressi dovuti al perfezionamento delle tecniche, consentono la realizzazione in grande tiratura di locandine, riviste e cartoline. Grazie a questo gli artisti possono diffondere le proprie opere, educando al gusto e mostrando le nuove idee, a un pubblico più ampio. Nell’ARCHITETTURA è costante soprattutto l’uso nuovo e funzionale del ferro e delle ghise. Le strutture stesse diventano decorazione, attingendo, con libertà di rielaborazione, al fantasioso repertorio del mondo animale e vegetale. Elementi strutturali e decorativi vengono quindi fusi insieme in modo organico e coerente. La caratteristica principale è quella di enfatizzare le parti strutturali dell’edificio, il suo scheletro, la sua ossatura, in modo da renderla non solo visibile dall’esterno, ma anche elemento decorativo sia della facciata che dell’interno. L’architettura dell’Art Nouveau ha saputo sfruttare, per fini espressivi e per creare nuovi effetti spaziali e decorativi, i nuovi materiali che i progressi tecnici dell’Ottocento avevano già messo a disposizione da tempo (cemento armato, ferro e vetro). L’uso di strutture portanti in ferro consente soluzioni nuove e senza precedenti. Ad esempio la maggior elevazione in altezza, l’assottigliamento delle pareti, la copertura a vetro di superfici vastissime e la gettata di archi e volte fa sì che entri una grande quantità di luce entri nell’edificio (cosa che non sarebbe mai stato possibile realizzare con i materiali da costruzione tradizionali). L’entusiasmo per i nuovi materiali, il nuovo senso spaziale, la concezione unitaria dell’edificio (dominata in ogni suo elemento dal gusto della linea sinuosa, ondulata e dinamica), il gusto per l’asimmetria, determinano l’originalità di questo stile. VICTOR HORTA (1861 – 1947) Progetta le prime abitazioni considerandole come un’opera d’arte totale, nella quale l’architettura dialoga con le soluzioni d’interno (arredi e dettagli decorativi) seguendo un medesimo gusto. Questa artisticità di Horta deriva dalla mescolanza di elementi differenti (struttura muraria, pietre, ferro e vetro) e dalla presenza di un movimento costante sia delle facciate che degli interni. Vide enormi possibilità decorative nel ferro e lo usò spesso per costruire la struttura dei suoi edifici, trasformandolo anche in materiale per le decorazioni delle facciate e degli interni. Il ferro permette una più libera articolazione della pianta dell’edificio e della sua struttura muraria. L’organizzazione funzionale sia l’interno che l’esterno dove trionfa la combinazione tra leggere strutture metalliche portanti, partizioni in vetro e pietra finemente lavorata. Le pareti si piegano all’esterno e all’interno in ritmi sinuosi, con effetti di movimento e di chiaroscuro, creando così un nuovo senso spaziale. Innovative sono proprio le curve sinuose ed eleganti di alcuni dettagli ripresi nelle decorazioni delle pareti e dei pavimenti. CASA PER IL PROF. TASSEL (1892 – 1893). L'edificio si sviluppa su quattro piani e doveva garantire un'adeguata illuminazione degli spazi interni. Horta per questo progettò un bovido che sporge dalla facciata su due livelli che al terzo diventa un balcone. La facciata inoltre presenta una soluzione polimaterica: è fatta da due blocchi di mattoni e pietre collegati da una struttura in acciaio ricoperta di vetro. Questo è reso possibile grazie all'uso dei materiali più moderni dell'epoca: il ferro e il vetro. Quest'ultimo, impiegato nel telaio strutturale, consentiva grazie alla sua resistenza di ridurre le dimensioni di pilastri e colonne. Horta fu tra i primi a usare nell'edilizia civile il ferro, anche a vista, materiale che fino ad allora era considerato privo di valore estetico e usato soprattutto nelle strutture industriali. Invece innovativo è anche il fatto che sia sulla facciata che all’interno, le strutture in ferro si mostrano liberamente alla vista diventando così un elemento compositivo. Le strutture vetrate diventano addirittura più ampie di quelle in muratura con un effetto di forte alleggerimento delle masse murarie. All'interno emerge il gioco elegante delle linee che incurvano le pareti, l’effetto dinamico e plastico della balaustra e delle ringhiere di ferro (piegate con un ritmo serpentino), il gioco dei colori e dei riflessi tra le porte a vetri e i mosaici dei pavimenti. L'elemento più particolare è la zona dell'atrio che ha una forma ottagonale e da cui parte un grande scalone con ringhiera in ferro che sale lungo i quattro piani della casa. Questo spazio è coperto da una struttura in ferro e vetro da cui penetra tantissima luce valorizzando la raffinatezza degli spazi. Per Casa Tassel Horta disegnò anche tutte le decorazioni: dai mosaici del pavimento alle vetrate, dalle decorazioni delle pareti a quelle in ferro dello scalone. Ovunque domina la linea ondulata, motivi vegetali stilizzati sembrano germogliare davvero dalle pareti e arrampicarsi lungo le superfici fino a impadronirsi delle ringhiere e delle strutture in ferro della scala. JOSEPH MARIA OLBRICH (1867 – 1908) PALAZZO DELLA SECESSIONE (Vienna, 1898 – 1899). E’ uno spazio espositivo alternativo a quelli accademici. L’edificio era concepito come un edificio estremamente rigoroso, in contrasto con le architetture eclettiche del tempo. La pianta è cruciforme perché la facciata è caratterizzata da due avancorpi che definiscono l’ingresso e la scalinata. Le pareti sono lisce e disadorne (a eccezione del fregio floreale sotto il cornicione) in cui porte e finestre si aprono con tagli netti e decisi, senza cornici, modanature o timpani (tipici invece dell’architettura eclettica). La grande invenzione decorativa consiste invece nell’ampia cupola in rame dorato di forma quasi sferica incastonata tra le due torrette della facciata. Questa è traforata a motivi floreali e rilucente di lamine d’oro. Crea un contrasto vivace con la massa muraria chiara e consente un’illuminazione diffusa all’interno. L’interno non ha muri o elementi strutturali fissi, per essere modificato con pannelli mobili in funzione delle necessità dell’allestimento temporaneo che si svolge all’interno. HECTOR GUIMARD (1867 – 1942) Diventa il più celebre architetto francese dell’Art Nouveau. Il suo linguaggio è caratterizzato dall’uso di forme naturali stilizzate con una particolare ricchezza di materiali, di cui valorizza le caratteristiche tecniche e strutturali. Le forme naturali sono trasformate a tal punto da diventare irriconoscibili; i motivi decorativi sono interpretati con un linguaggio astratto e dinamico. La struttura e la forma essenziale dell’oggetto vengono evidenziate da linee di forza che si dipartono da un punto centrale. INGRESSI DELLA METROPOLITANA (Parigi, 1900). Usando le tecniche della produzione industriale, realizza una serie di edicole in ghisa (per favorirne la resistenza) ottenute da una combinazione di elementi componibili prefabbricati in modo da rendere possibile differenti combinazioni nelle singole stazioni. Inventa un repertorio di pensiline, balaustre e lampioni in ghisa stampata dalle forme eleganti desunte dal mondo vegetale (per esempio a stelo di pianta o a boccioli di fiori). La conformazione dei singoli elementi, ispirata alle forme naturali, è tale da comportare una totale trasformazione della semplice struttura, che perde ogni tracciato classico. Le membranature verticali in ghisa (dipinta di verde per sembrare bronzo ossidato) sono percorse da nervature e nodosità che le rendono simili a gambi di fiori ingranditi, sulla cui sommità affiorano le sagome della copertura in vetro o la globosità di un lampione simile a un grosso bocciolo. Nell’insieme i profili dei piedritti, uniti alla morbidezza dei contorni dei pannelli della balaustra, creano uno scenario di fantastiche figure fitomorfe (che ricordano le forme delle piante). Mentre la copertura in vetro dà un senso di leggerezza alla struttura, favorendo il dissolvimento nella luce e nel colore dello spazio circostante. Inconfondibile è poi il grafismo delle scritte che hanno caratteri maiuscoli dallo spessore che continuamente si assottiglia o aumenta. CHARLES RENNIE MACKINTOSH (1868 – 1929) Dà un’interpretazione personale dell’Art Nouveau, basata sulla sintesi delle forme. Da ciò deriva la prevalenza delle linee rette e slanciate su qualsiasi tentazione curvilinea, le aperture quadrate, i volumi cubici, facili da piegare a funzioni diverse. Nelle sue opere non si riesce più a distinguere gli elementi strutturali da quelli che hanno funzione decorativa o di arredo. Inoltre l’esterno è strettamente relazionato con l’interno, che a sua volta è organizzato in rapporto con gli oggetti e gli arredi che ospita disegnati dallo stesso Mackintosh. Il rigore geometrico è ostentato e le facciate sono spesso asimmetriche. JOSEPH HOFFMANN (1870 – 1956) Predilige forme geometriche, nitide e lineari, spesso decorate con semplici bicromie bianche e nere. La superficie gioca un ruolo attivo al pari della linea. Elaborò un linguaggio chiaro e razionale, fatto di linee ben articolate e di decorazioni sobrie, spesso con forme pure quadrate o rettangolari, proposte alternando i colori bianco e nero. Un’altra particolarità del suo stile ornamentale è la ripetizione parallela e aritmica di motivi simili. PALAZZO STOCLET (Bruxelles, 1905 – 1911). La grande villa si presenta come un complesso incastro di masse ben distinte che cuminano in una torre. Si può affermare che incarna l’ideale di armonia e collaborazione tra le varie arti: ogni dettaglio è parte integrante di un disegno generale. La scomposizione del volume è portata alle estreme conseguenze, la volumetria dell’edificio è articolata su tutte le direzioni, punteggiata da elementi che fuoriescono, da porzioni che rientrano, da volumi che si sovrappongono verso l’alto. L’immagine complessiva di questa grande villa urbana (dalla consistenza di un castello) si basa sull’articolazione delle superfici incorniciate singolarmente fino a renderle visivamente autonome dal tutto. L’edificio risulta quindi smaterializzato, una sequenza di campiture piatte e vuote. La scomposizione delle masse smorza l’impatto austero della facciata a favore di un’immagine più dinamica e tridimensionale. Questo dinamismo volumetrico è possibile grazie all’uso di nuovi materiali edili: l’uso del cemento armato per l’ossatura strutturale viene esibito e alleggerito da un sistema di rivestimento e con l’espediente della linea continua che raccorda e incornicia tutte le facce bidimensionali che compongono i volumi. La linea è un cordolo bronzeo che addolcisce gli angoli vivi, raccorda tutte le facce ed elimina la freddezza tridimensionale delle masse. Ogni altro elemento decorativo viene eliminato e rimane solo il rivestimento in lastre di marmo grigio chiaro, lisce e pulite. All’eleganza del rivestimento esterno fa riscontro la preziosità dei rivestimenti interni disegnati dall'architetto e i perlacei arabeschi di Klimt che ricoprono la sala da pranzo. All’interno, ogni stanza è caratterizzata da un motivo dominante che ne definisce i valori cromatici, gli arredi e il rivestimento. HENDRICK PETRUS BERLAGE (1856 - 1934) Era un architetto, urbanista, disegnatore, conferenziere e saggista. Nelle sue opere applica una teatralizzazione del riferimento storico, non fa archeologia: facciate solide, massicce, in cui spiccano i punti strutturalmente importanti (cambio di materiale o decorazione); interpreta l'architettura come l'unione delle altre arti. Le sue forme suono ripulite da ogni eccesso decorativo. La muratura in mattoni a vista e gli elementi in pietra bianca incassati nel muro, danno agli edifici un’immagine solenne e monumentale. BORSA DI AMSTERDAM (1883 – 1903). L’architetto usa stili diversi per i vari lati dell’edificio. Nella facciata principale ci sono chiari riferimenti alle radici della cultura olandese, la facciata in muratura e mattoni ricalca perfettamente quella di una chiesa (c’è anche una torre/campanile e un ampio finestrone/rosone); dal punto di vista decorativo però la parete è completamente liscia. Sulla facciata opposta ci sono elementi di grande modernità come le grandi vetrate chiuse da ampie finestrature in ferro e l’ampia copertura anch’essa in ferro. I due lati lunghi invece ricordano i palazzi rinascimentali con l’aggiunta di grandi aperture vetrate. PETER BEHRENS (1868 – 1940) Pioniere dell’architettura moderna, gettò le basi del Razionalismo, dedicandosi soprattutto alla progettazione di grandi edifici industriali a cui seppe dare, per la prima volta, una dignità artistica e il valore di simboli del nuovo mondo del lavoro. Il suo stile sintetizza i principali elementi dell’architettura moderna: pareti di vetro, piante semplici, scale a vista, volumi semplici e netti, superfici raccordate da angoli retti e marcati. Funzione e decorazione si sposano con sobrietà e armonia. La forma è impostata da precise esigenze funzionali. Le forme sono stilizzate, gli spazi sono usati in modo razionale e vengono usate le soluzioni tecniche più innovative (come il vasto impiego di vetro e ferro). La totale mancanza di elementi decorativi ben si addice alla serietà dell’ambiente industriale e dà alla fabbrica l’aspetto solenne di un tempio laico dedicato alla tecnica e al lavoro. FABBRICA DI TURBINE AEG (Berlino, 1909). Per manifestare l’importanza economica dell’industrializzazione Behrens dà, a un manufatto industriale, la solenne imponenza di un tempio che viene coniugata con l’estrema funzionalità. Pianta, forma e dimensioni dell’edificio sono dettate dalla sua funzione. Nelle facciate ci sono massicci frontoni a profilo spezzato in aggetto sulla muratura sottostante creando un gigantesco gioco di incastri tra materiali diversi. Sotto, al centro, c’è un’immensa vetrata anch’essa aggettante, che alleggerisce la compatta massa muraria e dà la luce necessaria agli operai della fabbrica. Vetrata e timpano sono su un unico piano disegnando il profilo di un enorme vite. ADOLF LOOS (1870 – 1933) Adolf Loos è di Vienna e possiamo considerarlo più un teorico che un architetto perché scrisse tantissimo in confronto a quanto realizzò. Fondò anche una scuola di architettura che però fu ostacolata dal gruppo della Secessione perché aveva una visione differente e criticava lo stile Liberty e Modernista. Ama gli Stati uniti e ammira molto la loro cultura fatta di assenza di forma e di una razionalità intrinseca. Infatti è tra i primi a opporsi alle tendenze ad abbellire le strutture architettoniche con sovrastrutture decorative. Ogni decorazione, nelle sue opere, è definitivamente bandita in funzione di soddisfare il benessere di chi abita nell’edificio e la sua funzionalità. I volumi dei suoi edifici sono figure geometriche semplici, le aperture sono funzionali e si rinuncia a qualsiasi estetismo in nome della semplicità di esecuzione e della comodità d’uso. I suoi edifici hanno linee semplici e sobrie, volumi chiari e netti, assemblati in modo rigoroso, secondo leggi matematiche ben precise. Inventa una nuova spazialità degli interni: l’interno è inteso come una concatenazione di spazi in alzato e in pianto. Quindi ne derivano abitazioni che si estendono su molti livelli diversi. Gli interni sono concepiti come spazi continui dove i diversi livelli si fondono e gli spazi si relazionano tra loro. VILLA KARMA (Svizzera, 1903 – 1906). Il suo intervento si aggiunge su una villa precedente e consiste nel creare una fascia esterna spessa 3 metri. Questa “cintura” esterna è molto luminosa e si differenzia dal cuore della villa che invece è buio. KARTNER BAR (1907). Ha a disposizione uno spazio piccolo e lo risolve usando come espediente lo specchio. Infatti riveste le quattro pareti di legno fino a 1,20 metri e poi di specchi che, riflettendosi a vicenda, dilatano illusoriamente lo spazio reale. Il soffitto è cassetto nato in modo che il modulo che si ripete aiuti a misurare lo spazio riflesso dagli specchi. ABITAZIONE E MAGAZZINI GOLDMAN & SALATSCH (1909 – 1911). E’ l’opposto della classicità viennese (che era il risultato di una stratificazione di stili diversi) e la pulizia formale che Loos mette in atto è quasi esasperata. La forma imita le antiche case viennesi, ma sul fronte principale Loos mette, e lascia a vista, una putrella di metallo che fa da trabeazione alle quattro colonne dell’ingresso. In quest’opera c’è la completa assenza delle decorazioni in nome della rappresentazione della struttura. VILLA STEINER (1910). In quest’opera regna la purezza, l’espressività, la linearità, che sono i veri e propri contenuti dello stile dell’architetto. L’edificio è composto di spazi “a cascata” che si compenetrano gli uni con gli altri. Nel prospetto di dietro Loos rinuncia a qualsiasi forma di decorazione. Non c’è più la simmetria e costituisce il punto di partenza per le idee dell’architettura contemporanea. AUGUSTE PERRET (1874 – 1954) E’ il primo a usare il cemento armato per costruire edifici residenziali. L’uso del cemento per l’ossatura strutturale viene esibito e integrato con pannelli di tamponamento. Le facciate, grazie all’uso di questi nuovi materiali edili, possono essere molto dinamiche. Usa il cemento armato, ma non trascura le ampie vetrate, le facciate mosso e le elaborate decorazioni in ceramiche tipiche dell’Art Nouveau. |
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