NEO AVANGUARDIE
Gli anni a cavallo del 1960 (fino al 1965) sono caratterizzati da una ripresa dei motivi ideali delle Avanguardie storiche, per questo i movimenti artistici di questi anni sono chiamati Neoavanguardie.
Gli artisti adesso non hanno più la speranza utopica di cambiare il mondo (come avevano le prime avanguardie), però vogliono indicare un nuovo linguaggio, più adeguato alle rivoluzione che si andavano prospettando nei mezzi di comunicazione e comunque sempre estremamente critico nei confronti dell’esistenza.
I caratteri delle Neoavanguardie sono:
- la funzione centrale dell’artista come ideatore dell’opera, che però spesso delega l’esecuzione ad altri (artigiani e tecnici);
- la presenza massiccia dell’oggetto quotidiano;
- la crisi del concetto di arte, dei suoi luoghi tipici (musei, gallerie), dei metodi tradizionali di allestimento e dei materiali consueti delle opere;
- l’attenzione non solo per l’opera finita, ma soprattutto per l’analisi del metodo, dell’idea, del processo, dell’atteggiamento mentale e fisico, cioè delle condizioni preliminari che la determinano;
- il dissenso, la protesta contro il sistema commerciale e la trasformazione delle opere in merce;
- la fine della rappresentazione;
- la riscoperta del corpo come oggetto d’arte e la contaminazione con altri ambienti creativi (scultura, pittura, ma anche musica, teatro, danza).
I risultati sono molteplici e differenziati: da un lato c’è la progressiva smaterializzazione dell’arte (una riduzione dell’importanza dell’opera in favore del processo mentale messo in atto per raggiungere quell’esito o della pura azione, la performance); dall’altro alto si assiste a una rinnovata e “ingombrante” presenza della materia o della forma materiale, tanto evidente e primaria da nascondere l’azione dell’artista.
Gli artisti adesso non hanno più la speranza utopica di cambiare il mondo (come avevano le prime avanguardie), però vogliono indicare un nuovo linguaggio, più adeguato alle rivoluzione che si andavano prospettando nei mezzi di comunicazione e comunque sempre estremamente critico nei confronti dell’esistenza.
I caratteri delle Neoavanguardie sono:
- la funzione centrale dell’artista come ideatore dell’opera, che però spesso delega l’esecuzione ad altri (artigiani e tecnici);
- la presenza massiccia dell’oggetto quotidiano;
- la crisi del concetto di arte, dei suoi luoghi tipici (musei, gallerie), dei metodi tradizionali di allestimento e dei materiali consueti delle opere;
- l’attenzione non solo per l’opera finita, ma soprattutto per l’analisi del metodo, dell’idea, del processo, dell’atteggiamento mentale e fisico, cioè delle condizioni preliminari che la determinano;
- il dissenso, la protesta contro il sistema commerciale e la trasformazione delle opere in merce;
- la fine della rappresentazione;
- la riscoperta del corpo come oggetto d’arte e la contaminazione con altri ambienti creativi (scultura, pittura, ma anche musica, teatro, danza).
I risultati sono molteplici e differenziati: da un lato c’è la progressiva smaterializzazione dell’arte (una riduzione dell’importanza dell’opera in favore del processo mentale messo in atto per raggiungere quell’esito o della pura azione, la performance); dall’altro alto si assiste a una rinnovata e “ingombrante” presenza della materia o della forma materiale, tanto evidente e primaria da nascondere l’azione dell’artista.